Cultura

Don Paolo Antonini, don Primo e don Lorenzo. Viaggio del Papa in una terra di profeti

Don Primo e don Lorenzo, entrambi erano 'i preti di riferimento', insieme a padre Balducci, David Maria Turoldo e l'esperienza dei preti operai di don Paolo. Quei due sacerdoti sulla cui tomba Papa Francesco si fermerà a pregare

BOZZOLO – Don Mazzolari e la sua sferzante pressione sulla politica affinché facesse davvero il bene del popolo e don Milani, con la scelta di essere il pastore degli ultimi, dei figli di montanari. L’idea che in ogni uomo, a partire dal più semplice, c’è un tesoro che deve essere portato alla luce. Papa Francesco e Don Paolo Antonini, in una corrispondenza che non è un caso, e val la pena ricordare.

Don Paolo Antonini, pastore degli ultimi lo era stato davvero. C’è un ricordo, che unisce idealmente ancora di più il viaggio di Papa Francesco a Bozzolo e Barbiana, il 20 giugno prossimo, e un prete, il prete dei poveri. Don Primo e don Lorenzo, entrambi erano ‘i preti di riferimento’, insieme a padre Balducci, David Maria Turoldo e l’esperienza dei preti operai di don Paolo. Quei due sacerdoti sulla cui tomba Papa Francesco si fermerà – nello stesso giorno – a pregare, li aveva conosciuti. Don Paolo Antonini era nato nel 1921 a Fossacapra, vicario e poi parroco a Breda Cisoni, quindi parroco di Gazzuolo e dal 1978 al 1997 parroco di Casalmaggiore. Aveva cominciato la sua missione a favore dei ‘suoi ragazzi’ a Casalmaggiore ospitando due famiglie vietnamite nella vecchia struttura, allora in parte fatiscente e abbandonata, dell’ex collegio Don Bosco. Poi più tardi la casa dell’accoglienza che arrivò ad ospitare sino a 80 extracomunitari. In parte stanziali, altri presenti d’estate per le raccolte nei campi. Non sapeva dire di no. Nel 1999, per raggiunti limiti di età si era trasferito, dopo un periodo piuttosto burrascoso, a Bozzolo in Canonica, nonostante la richiesta, non esaudita, di passare la sua vecchiaia al Don Bosco tra i suoi ragazzi. Tre anni e dal 2002 poi alla Domus Pasotelli.

Nei suoi scritti, nelle sue parole e nelle sue prediche don Primo e don Lorenzo erano citati spesso. Don Primo Mazzolari era il ‘maglio’ quando le critiche dell’abate dalle scarpe rotte erano indirizzate alla politica. A don Primo era vissuto fianco a fianco in giovinezza. “I politici, come mi diceva don Primo, andrebbero pagati a cottimo” soleva ripetere spesso quando le scelte della politica non corrispondevano al bene del popolo. “La coscienza non può abdicare interamente nelle mani di nessuna creatura, fosse il più grande degli uomini o il più santo” ripeteva citando quando le sue scelte non si ‘allineavano’ con le decisioni della curia. Don Paolo Antonini rifiutò l’invito della curia cremonese a contribuire alla raccolta di fondi per il restauro della torre del Duomo. “I soldi che raccolgo sono per i poveri”. Quello spirito lo aveva appreso dallo stesso Mazzolari. Uno spirito fiero, indomito e combattivo. Pronto sempre a pagare il prezzo della testimonianza, del non allineamento.

Del tutto simile l’approccio con don Lorenzo Milani. A raccontarlo uno dei ragazzi del ‘prete rosso’. “Organizzavamo un viaggio di una giornata tutti gli anni – spiega – veniva il custode ad aprirci le strutture di Barbiana. Don Milani lui lo aveva conosciuto di persona e conosceva bene quell’uomo che, ogni anno, veniva più che volentieri ad aprire le porte di quel piccolissimo agglomerato di case raggiungibili solo attraverso una piccola sterrata di montagna. Era andato a trovarlo, giovane prete lassù, nel suo silenzio e ne era rimasto affascinato. Lo colpiva – anche questo mi raccontava – la sua tempra di fronte a quell’immenso vuoto dove era stato relegato. E citava spesso il fatto che di fronte alla sua immensa frustrazione di quelle tre costruzioni posate nel nulla, lui gli ricordasse di come quella ‘punizione’ era stata la sua forza, la sua salvezza, la sua strada maestra. La strada – diceva a noi – in cui posare pietre che sarebbero divenute poi, con gli anni, ‘testate d’angolo’. Forse – conoscendone il carattere – don Paolo quel discorso se lo ripeteva per convincersi, anche se non ci credeva sino in fondo. Ne avevo il pieno sentore quando, primo passo d’ogni viaggio, si fermava sulla tomba di don Milani e qualche lacrima gli attraversava il volto. Si rinfrancava un po’ tra i materiali della scuola, nel racconto del custode, facendoci suonare la campana della piccola chiesa prima di dire messa. Una messa fatta per quattro ragazzi, di cui due non credenti o miscredenti e per il custode. Poi tornava pensieroso e silenzioso. Ci lasciava lì, tra quelle carte e in quel silenzio e s’incamminava solo, tra i suoi pensieri. In quella sua tenace frustrazione, e in quella sua continua e perpetua battaglia c’era tutta la fatica e l’animo di uno dei suoi maestri di vita. C’era il don Lorenzo Milani, relegato ai confini del mondo per punizione, troppo avanti per il suo misero tempo, capace con la vita e con gli scritti di farsi involontariamente (o forse volontariamente) beffa di confini ed isolamento, di pregiudiziali e solitudine, dei pensieri troppo piccoli di parte della Chiesa che preferiva parlare di Dio troppo spesso dimenticando l’uomo. Quei piccoli ragazzi di Barbiana erano i suoi ragazzi di colore a cui aveva ridato un tetto e speranza, a cui insegnava che era fondamentale che si integrassero, che vivessero di sogni e che lavorassero per realizzarli”.

Don Paolo Antonini è morto il 23 novembre del 2009. In quella Bozzolo vissuta un poco come esilio forzato. Non di rado, nel ricordo di Casalmaggiore e dei suoi anni tra prediche ribelli, ragazzi di colore diventati grandi, amici e rimpianti, gli sfuggiva qualche lacrima. L’omaggio di Papa Francesco a quei due preti ‘esuli e ribelli’ è un po’ pure la sua rivincita. Una sorta di omaggio postumo che unisce il prete di Bozzolo, il maestro di Barbiana al pastore di Fossacaprara.

Nazzareno Condina

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