A Ospitaletto Arca ricorda don Rossoni: una sala della comunità porta il suo nome
Una cerimonia semplice alla presenza del sindaco di Marcaria Carlo Alberto Malatesta, dell'assessore ai servizi sociali dello stesso comune e di don Gianni, parroco di San Giorgio oltre che della sorella del prete.
OSPITALETTO (MARCARIA) – Un ricordo a perenne memoria per chi, a quella comunità e a quella ‘vocazione’ legata al recupero di ragazzi con problematiche (soprattutte legate alle tossicodipendenze) aveva dato tanto, sino all’ultimo.
La Comunità Giovanni Paolo II di Ospitaletto di Marcaria ha, da ieri pomeriggio, una sala dedicata a Don Giampaolo Rossoni, il parroco di Torre de Picenardi morto il 2 dicembre scorso a seguito dell’aggravarsi delle condizioni fisiche riportate in un terribile incidente che lo aveva visto coinvolto il 16 aprile dell’anno scorso in località Fossa Guazzona. Da quell’incidente il fisico duramente provato non si era mai ripreso.
Una cerimonia semplice – che sarebbe sicuramente piaciuta allo stesso don, persona schiva che preferiva lavorare in seconda linea e senza troppi clamori – alla presenza del sindaco di Marcaria Carlo Alberto Malatesta, dell’assessore ai servizi sociali dello stesso comune e di don Gianni, parroco di San Giorgio oltre che della sorella del sacerdote. I veri protagonisti erano loro, i ragazzi della comunità, quelli a cui don Giampaolo era da sempre vicino, anche negli anni in cui la direzione della FOCR assorbivano la maggior parte del suo tempo.
Don Giampaolo Rossoni era nato a Vailate nel 1962. Sin da giovane aveva manifestato l’intenzione di prestarsi al servizio di dio come sacerdote, carica che aveva assunto il 18 giugno del 1988. Era stato vicario a Viadana sino al 1994 e poi a Casalmaggiore, a Santo Stefano. Era stato lì, in quegli anni, che aveva cominciato ad interessarsi attivamente al recupero dei tossicodipendenti coinvolgendo numerosi ragazzi della parrocchia che alla sera si recavano a Mantova per seguire i corsi e le riunioni. Qualcuno di quei ragazzi poi col tempo e divenuto assistente sociale ed uno in particolare, ha fatto anni ad occuparsi di tossicodipendenze come vera e propria professione.
Nel 2000 era poi stato chiamato a Cremona a dirigere la Federazione degli Oratori (FOCR) ed era stato nominato pure delegato regionale per la pastorale giovanile e consulente diocesano del CSI. Dopo 11 anni a servizio dei più giovani (dove comunque non aveva mai fatto mancare il proprio appoggio ad Arca Mantova nonostante il pochissimo tempo a disposizione, come ricorda Guido Tizzi) era stato nominato dal vescovo parroco di Sant’Ilario a Cremona. Nel 2014 era stato poi riavvicinato al Casalasco, divenendo parroco di Torre Picenardi.
Ieri il tributo a quell’uomo che si era speso per i ragazzi ed era pure divenuto, nel corso degli anni, presidente di Arca Formazione. Arca, nelle tre sedi di Romanore di Borgoforte (orientamento), Ospitaletto di Marcaria (Comunità di recupero tradizionale, minori, consultorio familiare, centro di formazione e cooperativa di reinserimento lavorativo) e Marengo di Marmirolo (reinserimento graduale) si occupa di ragazzi con problemi di tossicodipendenza ed alcoolismo e con (o senza) accertata patologia psichiatrica.
I programmi terapeutici delle comunità dell’ARCA sono caratterizzati da un taglio spiccatamente educativo. L’obiettivo di fondo è l’emancipazione dal problema della tossicodipendenza. Tale obiettivo viene perseguito attraverso l’acquisizione di maggior fiducia in se stessi e nelle proprie potenzialità, il recupero dei valori e assunzione delle proprie responsabilità personali e sociali più costante, il maggior rispetto degli altri e dell’osservazione dei limiti, una più efficace gestione delle pressioni esterne, una più funzionale gestione dell’emotività, maggiore consapevolezza di ciò che può aver portato al comportamento di abuso, una più spontanea verbalizzazione dei propri vissuti e dei propri sentimenti, la riappropriazione di legami amicali significativi e di legami affettivi interrotti.
“Il metodo seguito – si legge nella pagina web – prevede una graduale ricostruzione del “se’ destrutturato” attraverso gruppi, colloqui individuali, interventi personalizzati; efficaci strumenti che mirano a dare all’utente consapevolezza di sé, della realtà in cui vive, del proprio problema personale sottostante la tossicodipendenza. Il fattore di maggior cambiamento passa attraverso le “mille azioni” della quotidianità. Gli utenti si occupano dei lavori di settore: manutenzione ordinaria degli stabili, cucina, lavanderia, laboratori creativi, pulizia locali”.
120 i ragazzi seguiti (tra adulti e minori) dai 35 dipendenti e dai volontari per la struttura accreditata da Regione Lombardia che vive quasi esclusivamente grazie all’aiuto di privati. Una struttura che è cresciuta in maniera esponenziale dal 2000 ad oggi e che ha seguito e recuperato migliaia di ragazzi, moltissimi reinseriti in ambito lavorativo e nella società.
E’ proprio in ambito lavorativo che si inserisce Noé, la cooperativa che fa capo a Ospitaletto e che si occupa di gestione del verde e di reinserimento presieduta da Guido Tizzi. Si occupano di verde, ma hanno inserito ragazzi anche in altri ambiti lavorativi: “Cerchiamo sempre – spiega Tizzi – che i ragazzi abbiano il massimo anche se siamo cooperativa. Non vanno a lavorare per 400 euro al mese, ma per stipendi dignitosi. Fa parte del recupero anche questo. Siamo sempre con l’acqua alla gola, ma cerchiamo – grazie anche all’aiuto di privati – di darci da fare. Molti dei nostri ragazzi hanno già terminato il percorso e sono stati riconfermati nei loro ambiti lavorativi”.
Un percorso – quello di Arca – di recupero della fiducia in se stessi al quale lo stesso don Rossoni aveva creduto molto ed aveva lavorato e al quale avrebbe continuato a dedicarsi se il destino non l’avesse voluto prendere anzitempo con se.
Nazzareno Condina