Giulio Braga, medaglia d'onore del Consiglio dei Ministri. Fu internato in Germania
Il prefetto Carla Cincarilli ha assegnato la medaglia d'onore ai cittadini italiani deportati ed internati. Alla cerimonia di consegna delle varie benemerenze ai cittadini mantovani, ha partecipato invitato dal prefetto il sindaco Giovanni Cavatorta.

VIADANA – Giulio Braga ha il suo riconoscimento ufficiale, l’ennesimo dato ad un soldato valoroso che ha fatto pure parte di quei deportati nei campi di lavoro nazisti. Ieri, 2 giugno, nella ricorrenza della festa della Repubblica, in prefettura, il prefetto Carla Cincarilli ha assegnato la medaglia d’onore ai cittadini italiani deportati ed internati. Alla cerimonia di consegna delle varie benemerenze ai cittadini mantovani, ha partecipato invitato dal prefetto il sindaco Giovanni Cavatorta.
“Ho accompagnato – ha spiegato il primo cittadino – due delle tre figlie, Elena ed Elvira, che hanno ritirato la medaglia, in segno di vicinanza di tutta la comunità viadanese, al deceduto Giulio”.
La storia del nonno è stata ricostruita dal nipote Silvano Marzani. Sono i ricordi che gli ha raccontato il nonno e le notizie degli atti ufficiali. “Dal punto di vista civile, è nato, cresciuto, vissuto e morto sempre a Sabbioni – racconta – Il 31 luglio 1934 viene assegnato alla ferma minore (6 mesi solamente) e messo in congedo illimitato provvisorio. La chiamata alle armi avviene il 6 aprile 1935, nel 18° Reggimento Fanteria Acqui, con sede Sede in Trento/Bressanone. Viene dichiarato soldato scelto il 15/9/1935. Il 2/10/1935, alla scadenza della ferma breve, viene trattenuto. Nominato caporale il 1/1/1936. Mandato in congedo per fine leva il 31 agosto 1936, congedato come tiratore scelto col fucile e Caporal Maggiore, con giudizio ottimo.
Richiamato nella 20° Legione Milizia “Suzzara” il 17/1/1941. Le legioni milizia erano dette anche Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.). Alla loro creazione erano le cosiddette “Camicie Nere” fasciste”, trasformate però durante la guerra in veri e propri corpi armati del Regio Esercito, quindi non più squadroni del regime e nemmeno più volontarie. Giunto a Rodi con lo stesso reparto il 15 settembre 1941m passa al 9° Reggimento Fanteria il 26 luglio 1943, ovvero il giorno successivo alla caduta del fascismo (questo perché immediatamente le milizie iniziano ad essere assorbite dal Regio Esercito, fino a completo scioglimento nei mesi successivi).
Fatto prigioniero in Rodi dall’esercito Tedesco alla data dell’armistizio (11 settembre 1943), viene trasportato in Germania come prigioniero di guerra. Giunge al lager IX-B di Bad Orb il giorno 8 febbraio 1944, con matricola n° 19478, ma già a partire dal 20 settembre 1943 viene impiegato come lavoratore/prigioniero. Rientrato in Italia il 15 agosto 1945, presentandosi il 31 agosto 1945 al distretto militare di Mantova (dopo essere passato per Bolzano e per il centro alloggi di Pescantina, VR).
Nota di colore: Durante il rientro raccontava di aver fatto lunghi tragitti a piedi, assieme all’amico e compaesano Botti Guerrino. Un aneddoto che raccontava era che Botti, nonostante venissero da stenti e prigionia e quindi fossero debilitati, tornò a casa trascinando un sacco pieno di ferri da cavallo, convinto che in Italia potesse valere una fortuna.
I riconoscimenti: Croce al merito di guerra il 22/11/1973, n° 43826, per le operazioni durante il periodo bellico 1940/43. Conferita una seconda croce sempre il 22/11/1973, n° 43827, per internamento in Germania. Concesso il distintivo d’onore per i patrioti Volontari della Libertà il 4 giugno 1979, N° 333, per aver rifiutato, da deportato nei lager, di servire l’esercito tedesco e la Repubblica di Salò. Medaglia d’onore ai deportati militari e civili delle seconda guerra mondiale della presidenza del Consiglio.
La concessione della Medaglia d’Onore è disciplinata dalla Legge 27 dicembre 2006, n. 206 (Legge Finanziaria 2007, art. 1, commi 1271-1276). La Medaglia è concessa ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti, durante l’ultimo conflitto mondiale e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra. Il termine IMI è l’acronimo ufficiale di Italienische Militärinternierte, termine adottato dalle autorità tedesche nei confronti dei soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi all’Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943). Tra gli internati ed i deportati molti furono destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra ed a tutti i militari internati fu negato lo status di prigionieri di guerra previsto dalla Convenzione firmata a Ginevra il 27 Luglio 1929 e sottoscritta anche dalla Germania.
Nell’ambito dei lavori preliminari all’approvazione della Legge è scritto: “Tra l’8 settembre 1943 (data in cui fu firmato l’Armistizio con gli anglo americani e affidato il governo a Badoglio) e l’8 maggio 1945, oltre settecentomila italiani militari e civili deportati ed internati in Germania, per venti mesi, giorno dopo giorno furono costretti a servire l’economia e la macchina bellica del regime hitleriano che, aggirando l’osservanza delle norme dei trattati internazionali, li privò dello status di prigionieri di guerra, sottoponendoli, nella maggior parte dei casi, a trattamenti inumani “.
La Medaglia è coniata dalla Zecca dello Stato in metallo e riporta da un lato lo Stemma della Repubblica Italiana con intorno la scritta “Medaglia d’Onore ai Cittadini Italiani Deportati ed Internati nei Lager Nazisti 1943-1945” e dall’altro il nome e cognome dell’internato o del deportato dentro un cerchio di filo spinato.
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