Sabbioneta, la Synthetic Art di Giovanni Sala in mostra a palazzo Ducale
Giovanni Sala nasce a Sabbioneta, in provincia di Mantova, nel 1947. La sua prima formazione avviene all'Istituto Statale d'Arte «Paolo Toschi» di Parma. È qui che consegue il diploma di Maestro d'Arte
SABBIONETA – Dal 1 ottobre al 5 novembre 2017, il Palazzo Ducale di Sabbioneta ospita Synthetic Art, una specialissima personale di Giovanni Sala. L’esposizione apre la stagione espositiva autunnale, con la cura di Gianfranco Ferlisi, e propone sessanta opere in grado di ripercorre sinteticamente il lavoro recente dell’artista.
Synthetic Art parla della sua produzione migliore degli ultimi vent’anni, pur non potendosi considerare una antologica. L’artista allinea stavolta i suoi lavori di ricerca dedicati alla coniugazione di vari elementi informali. Il distillato di idee di Giovanni Sala elabora dunque, in un percorso rigoroso, il silenzioso rumore della pittura con il prepotente fascino dei nuovi materiali, a partire dai dipinti in cui compare l’uso del catrame per poi toccare, nelle sperimentazioni successive, il momento in cui resina e ottone diventano i tramiti delle emozioni estetiche più innovative.
I suoi volteggi statici rivelano, a chi li guarda, qualcosa di inedito: un ponte creativo ed emozionale che unisce passato e futuro. Così la rassegna si trasforma in una vera e propria testimonianza di arte e di vita, finalizzata a farci comprendere un percorso complesso e intellettualmente profondo, che può essere apprezzato in pieno solo lasciandosi smarrire tra le sue metafore. Ed è il ponte dell’arte, quella autentica, a condurci attraverso i meandri forti e polimaterici che si metamorfizzano nel colore, nella realizzazione di strutture della visione, che ci proiettano nella contemporaneità e che parlano ancora, ovviamente, sull’inevitabile iato tra il vedere e il sentire, per presentare una idea di natura sintetizzata e astratta, riletta e filtrata dalla sua cultura artistica e dalla sua immaginazione. Le plastiche, le resine, i catrami, i polimeri, gli ottoni aprono così inedite luci, fluide mescolanze dissacranti, che allontanano l’aura antica della tradizione. Le opere di Sala, in Synthetic Art, mostrano dunque una astrazione che presuppone paesaggi meta-reali, esibiti attraverso materie inusuali, oltre le consuetudini di pittura e scultura. Si rivelano così opere che sembrano partorite da una fantasia notturna e inquieta. Giovanni Sala propone infatti immagini di una produzione che non ha la pretesa di rappresentare l’immediatamente percepibile. L’artista non vuole più rappresentare la realtà quanto toccare l’essenza di reale e di pensiero che vive all’interno delle sue immagini, per offrirne un distillato provocatoriamente svuotato da ogni orpello voluttuario. Ma ciò che esalta il suo percorso è il riscatto poetico e intellettuale della materia, la sua trasmutazione in sequenze di forme poetiche e non euclidee.
L’opera di Sala si guarda stavolta riflessivamente nello specchio, per concentrarsi, soprattutto, sulle proprie suggestioni di possibilità esistenziale, per contrapporsi, con precisa determinazione, a ogni forma di antico naturalismo. Queste opere quasi informali sono perfette per chi intende riflettere sulle tappe principali della sua sperimentazione degli ultimi vent’anni, perché l’autore duella, a Sabbioneta, con i linguaggi della modernità e la sua operazione si trasforma in uno sguardo sul mondo in grado di operare la metamorfosi tra pensiero e materia.
Alla fine l’artista ci conduce sui sentieri di una riflessione trasversale sui temi fondamentali dell’esistenza, esplicitati soprattutto nella sezione conclusiva degli Aquiloni di pietra in cui presenta una ulteriore metafora degli orizzonti della sua creatività. Questi aquiloni possono accendere amare riflessioni sull’esistenza nel momento in cui osserviamo il loro sublimarsi in una sostanza che sembra avere la leggerezza delle nuvole, ma che contiene invece l’oscurità del buio pece della notte. Nel cortile di Palazzo Ducale una figura quasi umana, essenzializzata in fasce di metallo saldate con abilità da antico homo faber, trattiene un gigantesco aquilone. È una installazione simbolica che ci suggerisce i punti di arrivo della sua ricerca più recente. Con l’alienato uomo di ferro che insegue il vento per l’impossibile volo del suo aquilone, l’autore ci regala uno sguardo freddamente documentario sul sentimento dell’oppressione e sulla magnifica sfida dell’arte. L’installazione parla, nel suo linguaggio ermetico, del potere e della scelta eversiva dell’autore, della deriva di una umanità che non riesce più a far volare un aquilone! E Giovanni Sala alla fine sembra dire che il colore dell’arcobaleno è scomparso e che non c’è più alla fine del suo arco il pentolino pieno d’oro e che degli aquiloni non svettano sui cieli di lapislazzulo e che i cinguettii della campagna sui prati verdi della sua giovinezza padana sono una idillica memoria sempre più lontana.
La mostra di questo affermato maestro sabbionetano colpisce infine per l’energia e la qualità della sua produzione artistica e per l’uso di supporti innovativi come le materie plastiche. E appunto la plastica è oggi uno tra i materiali prediletti della produzione artistica della contemporaneità. Come Naum Gabo, come Alberto Burri, come Claes Oldenburg, come Piero Gilardi, come Gino Marotta l’operazione espositiva di Giovanni Sala ci aiuta a capire i nuovi materiali dell’arte, perfetti per essere trasformati in idea artistica, per rendere reale l’immaginario estetico del presente. Giovanni Sala nasce a Sabbioneta, in provincia di Mantova, nel 1947.
La sua prima formazione avviene all’Istituto Statale d’Arte «Paolo Toschi» di Parma. È qui che consegue il diploma di Maestro d’Arte. Gli insegnamenti di Remo Muratore – protagonista negli anni Sessanta nel campo della grafica moderna, di Renato Vernizzi e di Nando Negri (disegno artistico) gli permettono di mettere a punto gli strumenti per operare, da protagonista, nel campo dell’Arte. Nel 1971 si trasferisce a Milano dove lavora come grafico alla rivista Vogue. Successivamente, a Bologna, sarà il creativo di una nota agenzia pubblicitaria. Ritornato a Parma, nella metà degli anni Settanta, per un decennio insegna disegno professionale proprio al «Toschi». Sempre in quel periodo allestisce la prima mostra personale presso la galleria «Il Poliedro» di Cremona, con testo critico di Elda Fezzi. Da quel momento si infittiscono le occasioni espositive con mostre personali e collettive in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero.
Ha ideato e organizzato la prima Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea Sabbioneta 2008 «FORMULE» e la seconda Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea Sabbioneta 2010 «PARALLELI». I suoi lavori sono oggi promossi in Germania dalla galleria AM PARK di Francoforte.
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