Arte

Le opere di Rina Nasi in mostra al MuVi. La presentazione di Paolo Conti

L'arte Grezza, Primitiva, Brut, Border-line designa: “lavori effettuati da persone indenni di cultura artistica, nelle quali il mimetismo, contrariamente a ciò che avviene negli intellettuali, abbia poca o niente parte, in modo che i loro autori traggano tutto

VIADANA – Parte, il prossimo 13 gennaio al MUVI di Viadana, un appuntamento importante. In mostra infatti le opere di Rina Nasi. Pubblichiamo il contributo e la presentazione della mostra del Direttore e Curatore della Galleria Civica di Arte Contemporanea di Viadana, Paolo Conti.

“Sdoganato negli anni ’60 il fare artistico, da quell’unico assoluto concetto borghese intellettualista di idea aulica dell’arte, concomitante al riscatto e alla conseguente emancipazione della classe operaia-contadina, si poneva in quegl’anni l’attenzione su mondi espressivi nuovi, inesplorati di natura popolare. Esplose così, specie nella Bassa Padana, il fenomeno dell’arte ingenua, veicolato dal concetto di “cultura altra”. Un modo di fare arte genericamente chiamato “Naive” o Naif che a dir si voglia.

Di punto in bianco, chiunque ne avesse avuto l’ambizione, poteva mettersi a dipingere e diventare un artista, e sotto l’egida di Cesare Zavattini e di altri autorevoli personaggi della zona, promosso al rango e mercificato. Tale atteggiamento spesso disinvolto, opportunista e speculativo, ha nuociuto molto all’arte Naive, distorcendone il senso più genuino e declassandola, nel pensiero comune, ad espressione di mera operazione commerciale.

Il riscontro positivo invece di tale febbre artistica, si rileva nel fatto che anime sensibili, che mai si sarebbero sognate di prendere il pennello in mano, in quel momento venivano spinte a provare, e magari, tra loro, qualcuno arrivava a scoprire di avere talento.

Negli ultimi decenni, la critica di settore, per riscattare personaggi di valore artistico, fino ad allora classificati Naive, ha cominciato a fare dei forti distinguo. Vengono così preferibilmente definiti come “primitivi” artisti del calibro di Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi, togliendoli dall’etichetta naif come si erano sempre considerati e ritenendo che la loro espressione artistica fosse più appropriatamente riconducibile all’Art- Brut.

Ma cosa è l’Arte Brut? Ben chiara la definizione che ne dà Jean Dubuffet, artista francese primo teorizzatore dell’art brut: L’arte Grezza, Primitiva, Brut, Border-line designa: “lavori effettuati da persone indenni di cultura artistica, nelle quali il mimetismo, contrariamente a ciò che avviene negli intellettuali, abbia poca o niente parte, in modo che i loro autori traggano tutto (argomenti, scelta dei materiali, messa in opera, mezzi di trasposizione, ritmo, modi di scritture, ecc.) dal loro profondo e non stereotipi dell’arte classica o dell’arte di moda. L’Art Brut, secondo i suoi adulatori, va distinta dall’arte popolare, dall’arte naif e dai disegni dei bambini. E’ la genuinità poetica che si evince dalle opere a cui si viene al cospetto, la forza espressiva ed evocativa che ne da un’indicazione del valore artistico, la negazione del fare stereotipato o del fare puramente decorativo”.

Per l’Arte Primitiva, non è tanto l’abilità tecnica e il virtuosismo pittorico che è rilevante, ma piuttosto, è fondamentale l’aspetto narrativo e poetico, l’efficacia e la genuinità della rappresentazione, i contenuti linguistici, l’efficacia espressionistica delle composizioni, dei soggetti, dei colori e delle deformazioni stilistiche. L’artista Brut esplora gli alfabeti del profondo ! Considerando i principi appena descritti, e guardando le opere di Rina Nasi si evince che Rina ha caratteristiche tali da ritenersi, senza tema di smentita, più vicina all’Art- Brut che al Naive.

Anche Lei, sull’ onda della moda che aveva infervorato tutta la “Bassa”, intorno agli anni ’70, ha cominciato a dipingere, “Per far passare il male alla testa” pare dicesse,o forse per la necessità di riempire il vuoto che il distacco dalle quattro figlie aveva procurato in lei, o forse per la pura ambizione di lasciare una traccia del suo passaggio in questo mondo, o perché aveva necessità di raccontarsi e raccontare la sua vita. I motivi possono essere stati i più disparati, ben poco contano i perché, piuttosto conta il come del suo dipingere.

Rina Nasi dal 1966 al 1976, anno della sua prematura scomparsa, ha dipinto, lasciando su cartoncini, compensati, tele, bottiglie e damigiane, la testimonianza della sua visione del mondo, con una genuinità e una complessità formale fantastica, un’ immediatezza stupefacente, una libertà compositiva che solo chi è privo di condizionamenti stilistici e di scuola può avere. La cosa curiosa è che nelle opere di Rina Nasi l’oggettiva carenza di tecnica, dovuta alla mancanza di una formazione artistica, passa in subordine ad una sensibilità compositiva visionaria e disinibita che nella sua purezza esplode in una originalità unica. Altra cosa stupefacente che si riscontra analizzando certe sue soluzioni compositive e certe tracce poetiche è l’evidente somiglianza con opere di artisti ben più importanti e famosi, Wassilj Kandinsky e Marc Chagall e Joan Mirò ad esempio, che certamente Lei, data la cultura elementare, le conoscenze artistiche nulle e la vita ritirata, non poteva aver né visto e tanto meno studiato.

Cosa invece che quasi certamente ha influito su di Lei, la si deve cercare nella sua infanzia, infatti Rina Nasi, nasceva nel 1915 alle Grazie di Curtatone Mantova. Il Santuario delle Grazie è luogo magico, con il suo coccodrillo appeso alla navata, le statue in legno e cartapesta dei Martiri che incombono e intimoriscono dall’alto delle nicchie a balconata, le centinaia di immagini di “grazia ricevuta” attaccate alle pareti, ammassate insieme a cuori d’argento a stampelle ed a ex voto. I dipinti delle “Grazia Ricevuta” sono esempi avvincenti di arte popolare, certo sono entrate inconsciamente nel suo animo, lì sopite e poi riaffiorate dopo lustri a suggerire i racconti di un quotidiano agreste, fantastico e surreale. La vita artistica di Rina Nasi è stata breve ma intensa, e le sue opere hanno tutt’ora riconoscimenti all’estero, in Francia e nei paesi dell’Est , dove sono racchiuse nei musei. Qui nella Bassa, invece,come spesso succede, è da sempre misconosciuta. Questa mostra, è perciò un tributo doveroso che la gente del territorio è tenuta a fare ad una sua figlia, nata alle Grazie, vissuta prima a Villastrada, poi a Guastalla, e che oltre ad essere stata casalinga, moglie e madre, ha avuto il desiderio e la forza di raccontare la sua vita, il coraggio di promuovere il suo pensiero, ed essere, nonostante l’incredulità di tanti, anche un’artista di valore. Questa mostra è composta da una selezione di una trentina di opere a pastello e carboncino, le quali sono state raccolte dalle collezioni private degli eredi e da amici . Sono quelle di più forte impatto e forse quelle di maggiore interesse, perché eseguite in modo libero e immediato. Il gesto, rapido e sicuro, ha proiettato tracce di pastelli, gessetti e carboncini, di cui aveva conoscenza e maestria.

Questa che si presenta al MuVi è una rassegna importante dell’attività artistica di Rina Nasi che, racchiudendone le opere più efficaci ed emblematiche della sua ricca produzione, ne da’ un’ importante visione ed un invito ai visitatori della mostra ad ulteriori futuri possibili approfondimenti”.

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