Perdiamo un grande del canottaggio. Addio Umberto Viti: all'Eridanea creò la fabbrica dell'oro
Umberto Viti ha sempre visto nel canottaggio e nello sport una palestra di vita. Umberto, originario di Cremona, si era spostato a Casalmaggiore dopo il matrimonio. Da lì non se n’è più andato, fino a questa notte. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1
CASALMAGGIORE – Se ne è andato nella notte tra domenica e lunedì, alle 2.30 per la precisione, nel momento in cui i giornali vanno in stampa con tante notizie di sport, perché il lunedì è, appunto, specie per la carta stampata, il giorno dello sport. E lui, un grande sportivo, lo è stato davvero: Umberto Viti non c’è più. S’è spento a 82 anni, lasciando la moglie Saturna e la figlia Anastasia, oltre ad un patrimonio umano e sportivo forse irripetibile, dopo una lunga malattia.
Quando negli annali dello sport Casalmaggiore è finita grazie agli ori di Gianluca Farina a Seoul 1988 e di Simone Raineri a Sidney 2000 (con un bronzo per Farina a Barcellona 1992 e un argento per Raineri a Pechino 2008), la firma in calce è stata dei due atleti, ma la regia riconosciuta unanimemente è sempre stata quella di Umberto. Lui forgiò un nuovo metodo, basato su fatica e sacrifico, lui creò un miracolo che lanciò Casalmaggiore, e la “piccola” Canottieri Eridanea, nell’Olimpo. Umberto Viti era stato in giovane età anche atleta durante la leva militare, con la Marina, ma è da allenatore che ha scritto pagine di gloria. Quando l’Italia nel canottaggio metteva in fila tedeschi, inglesi e americani, fu grazie senza dubbio ai fratelli Abbagnale e alla scuola di Castellammare di Stabia, ma fu – molto più a Nord, in Pianura Padana – anche grazie a Umberto, Palma d’Argento Coni per meriti tecnici nel 2015.
Che ha sempre visto nel canottaggio e nello sport una palestra di vita. Per questo alle volte il suo carattere era difficile, perché Viti pretendeva, e tanto, dai suoi atleti. Eppure le sue promesse le ha sempre mantenute, regalando il meglio possibile a chi sapeva seguirlo. Umberto, originario di Cremona, si era spostato a Casalmaggiore dopo il matrimonio. Da lì non se n’è più andato, fino a questa notte. Di lui resteranno le imprese, un murales nel parco del Polo Romani che ricorda una sua frase celebre e, nel quotidiano, quelle passeggiate lente e pensierose lungo il suo amato Po. Da dove tutto è partito.
I funerali di Umberto Viti si celebreranno martedì alle ore 15 nel Duomo di Casalmaggiore, dopo di che il suo corpo sarà cremato a Mantova, per volontà dello stesso Umberto. “Di lui ricordo il nostro primo incontro: io avevo dieci anni, ero mingherlino e poco adatto forse al canottaggio. Lui mi squadrò, aveva sempre in testa quel cappellino di tela e, pur con un volto che sembrava non far trasparire grande fiducia, capì che poteva plasmarmi. Umberto Viti, per me, è tutto in quello sguardo, in quella fiducia data a un ragazzo piccolo ed esile di 10 anni”. Quel ragazzo è Gianluca Farina, che ricorda il suo maestro nel giorno della sua dipartita. Per qualcuno, ricorda sempre Farina, Viti fu un allenatore, per altri un padre, per altri un mentore. Riuscì però a instillare in tutti i suoi ragazzi il senso del sacrificio e la voglia di soffrire per un obiettivo. “Il carattere scontroso? A volte lo era – aggiunge Farina – ma sapeva sempre capire il momento e riusciva anche a non essere sempre duro. Quello che faceva, comunque, lo faceva per il bene dei suoi atleti”.
“Ci ha insegnato a remare, ma prima di tutto a vivere – spiega Simone Raineri – . Insegnò un metodo, duro ma redditizio, portandolo avanti come sapeva fare lui, anche con testardaggine. Per me fu un secondo padre: a lui non devo soltanto le due medaglie olimpiche e una grande carriera nel canottaggio. Io a lui devo le tantissime amicizie che sono nate nell’ambito dell’Eridanea. Ancora oggi esco con ragazzi, ormai uomini, che senza una figura e un collante come Umberto Viti, non sarei riuscito a conoscere. Per questo sarebbe riduttivo definire Umberto come un semplice allenatore”.
L’ultima parola spetta a Marzio Azzoni, che parla tra le lacrime e con un filo di voce. “Oggi l’Eridanea – spiega l’attuale presidente della Canottieri, ex atleta allenato proprio da Viti – perde un maestro. Ho un’immagine in testa: la bandiera dell’Eridanea inquadrata in tv nel mondo a Sidney, mentre Raineri aspetta di essere premiato con l’oro. Ecco, se la nostra Canottieri è uscita già nel 1988 dai confini locali e nazionali, lo dobbiamo a Umberto. Perdiamo tantissimo e posso garantire che fino all’ultimo giorno ha combattuto, con riprese che nessuno credeva potessero verificarsi. Ma Umberto era così, un combattente nato. Ha creato un gruppo: lo zoccolo duro ancora attuale dell’Eridanea, anche a livello dirigenziale, è figlio di quanto Viti ha saputo realizzare a Casalmaggiore”.
Giovanni Gardani