Cronaca

Il vescovo ricoverato per il Covid-19: 'Ci stiamo riscoprendo più uniti'

“Sono impressionato – dice il presule – dal ritmo di servizio del personale sanitario”. Nonostante la dura prova della malattia, è una testimonianza rincuorante e ricca di speranza quella rilasciata a Vatican News dal vescovo Napolioni, positivo al Covid-19.

Il vescovo di Cremona, monsignor Antonio Napolioni è ancora ricoverato in Pneumologia all’ospedale di Cremona dove nella notte è deceduto monsignor Vincenzo Rini, ex direttore del settimanale diocesano “La Vita Cattolica”. “Sono impressionato – dice il presule – dal ritmo di servizio del personale sanitario”. Nonostante la dura prova della malattia, è una testimonianza rincuorante e ricca di speranza quella rilasciata a Vatican News dal vescovo Napolioni, positivo al Covid-19. Le sue condizioni sono stabili e in miglioramento progressivo. Dal nosocomio, il presule esprime il proprio cordoglio per la morte di monsignor Vincenzo Rini, ex presidente dell’Angenzia Sir, morto a causa di una polmonite interstiziale causata dal Coronavirus. Dal letto del reparto di pneumologia, il vescovo di Cremona ringrazia inoltre il personale medico e rivolge parole di incoraggiamento a quanti sono chiamati ad affrontare questa dura prova.

Ecco l’intervista a Vatican News:

Monsignor Napolioni, la disturbiamo per chiederle di lanciare in questa situazione così difficile un messaggio di speranza. Innanzitutto, quali sono le sue condizioni di salute?

R. – Le mie condizioni sono in miglioramento progressivo, quotidiano. Sono qui, da otto giorni, nel reparto di Pneumologia dell’Ospedale di Cremona ben diretto dal dottor Bosio. C’è una grande attenzione da parte di tutto il personale. Prosegue la terapia farmacologica e poi l’ossigeno e il monitoraggio continuo per tornare a una autonomia respiratoria. Penso, personalmente, di essere abbastanza vicino alla fine del tunnel, ma si avverte tutto il carico della comunità ospedaliera e del territorio. Le richieste di aiuto non mancano ed è impressionante il ritmo di servizio a cui sono chiamati soprattutto i giovani del personale sanitario. Quindi il messaggio positivo è quello di vedere comunque una generazione di giovani medici e sanitari che si dedicano totalmente a questa emergenza.

In tutta Italia ci sono tante persone che stanno affrontando questa malattia. Cosa si sente di dire a chi sta attraversando questo tunnel?

R. – Prendiamo sul serio tutto quello che ci viene detto perché non ci sono dietrologie. C’è l’esperienza della nostra fragilità rispetto alla quale la prudenza non è mai troppa. Se la situazione ci costringe a fare un passo indietro rispetto all’attivismo, alla frenesia e al chiasso, questo ha una sua provvidenzialità. Quindi non dobbiamo aver paura. A me è capitato, probabilmente, di contrarre il virus in piena visita pastorale, nello slancio in mezzo alla gente. Dobbiamo, probabilmente, ricalibrare delle modalità relazionali che non ci impediscano di essere con la gente e tra la gente ma anche con tutta l’intelligenza e l’accuratezza che questo richiede.

Qual è il suo messaggio ai fedeli?

R.- Quello di riscoprire la presenza del Signore, molto più potente, fedele e capillare delle forme a cui noi siamo abituati. Certamente la domenica dovrebbe veder riunite le comunità. Il pensiero corre alla Settimana santa, alla Pasqua. Al di là delle forme della tradizione, c’è il mistero reale e presente del Cristo incarnato. È quindi, chi si prende cura dei fratelli è Cristo che si prende cura di Cristo. Questo è il vero nome di tutto ciò che accade. E questo conferisce senso all’attesa, alla pazienza ed anche al dolore.

Eccellenza, quali parole intende rivolgere ai medici e agli infermieri che in questo momento stanno affrontando questa pandemia e si prendono cura delle persone malate?

R. – Di grande gratitudine anche per il senso di unità che si percepisce nel Paese. Al di là delle diversità regionali, di sensibilità politica e di interpretazioni è veramente un momento di unità di cui avevamo assoluto bisogno per capire come continuare a costruire, nel tempo che ci è dato da vivere, le vie per il futuro delle nostre generazioni. Quindi ci sono gratitudine, stima e anche il serbatoio spirituale che non manca. Sapere quanta gente in preghiera e quanti sono gli uni per gli altri, riempie di consolazione e di pace.

Questo momento sta rinnovando l’Italia intera e anche il popolo di Dio?

R. – Se lo permettiamo, come tutto quello che sfida l’intelligenza degli uomini, è una grande opportunità di conversione. Non poteva capitarci una Quaresima più completa da certi punti di vista. Drammaticamente dura, ma proprio per questo perfetta.

È un cammino nel deserto aspettando il momento culminante del triduo Pasquale…

R. – Al di là del calendario e di quanto poi coinciderà, sicuramente la gioia dell’esperienza della liberazione non mancherà.

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