Pm10 'autostrada' per la diffusione del Coronavirus: i risultati dello studio
“La Pianura padana in inverno è assimilabile ad un ambiente indoor con il soffitto di qualche decina di metri, dove in presenza di una grande circolazione virale le condizioni di stabilità atmosferica, il tasso di umidità e la scarsa ventilazione hanno di fatto aperto al Coronavirus delle vere e proprie ‘autostrade’”.
Esiste una correlazione tra il superamento del valore limite giornaliero di PM10 e la diffusione iniziale del Coronavirus durante la pandemia: lo conferma uno studio della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), concluso nei giorni scorsi, che ha preso in esame i livelli di inquinamento registrati nelle province più colpite dal Covid nella fase iniziale. “Abbiamo ottenuto la prova definitiva dell’interazione tra particolato atmosferico e virus quando siamo riusciti a isolare tracce di Rna virale in campioni provenienti dai filtri di raccolta del particolato atmosferico prelevati nella provincia di Bergamo durante l’ultima serie di picchi di sforamento di PM10 avvenuta a fine febbraio, quando le curve di contagio hanno avuto un’improvvisa accelerata facendoci precipitare nell’emergenza sanitaria culminata con il lockdown”, spiega il professor Leonardo Setti, docente di Biochimica Industriale all’Alma Mater di Bologna e membro del comitato scientifico Sima.
Secondo lo studio, “le province meno inquinate hanno registrato una mediana di 0,03 contagi su 1000 residenti, mentre le province più inquinate hanno registrato una mediana di 0,26 casi. Trentanove delle 41 province dell’Italia settentrionale sono risultate nella categoria con i livelli di Pm10 più elevati, mentre 62 delle 66 province meridionali hanno presentato concentrazioni di Pm10 basse”. Dunque è stata trovata una significativa associazione tra la distribuzione geografica dei superamenti giornalieri di PM 10 e la diffusione iniziale del Covid-19 nelle 110 province italiane. Guardando alla situazione Covid, emerge come “Il maggior numero di superamenti è stato generalmente localizzato nelle regioni del Nord Italia che soffrono di una rapida diffusione dell’epidemia di Covid-19, mentre le zone a minor contagio sono state localizzate nelle regioni centro-meridionali”.
Dunque nell’analisi universitaria, il valore limite giornaliero dei superamenti di PM 10 sembra essere “un predittore significativo di infezione”. Sempre secondo lo studio, “ci sono prove sufficienti per considerare la rotta aerea – e in particolare il ruolo del PM1o – come possibile ulteriore fattore di “potenziamento” dell’infezione per interpretare i focolai anomali di Covid-19 osservati nel Nord Italia”. Perché se “la trasmissione per via aerea è sicuramente più efficace negli ambienti interni, con poca ventilazione”, “bisogna considerare che la Pianura Padana, per la sua stabilità atmosferica, assomiglia molto ad un ambiente confinato, e che il trasporto di virus a lunga distanza è favorito da un’elevata concentrazione di polveri”.
Secondo l’ipotesi elaborata dai ricercatori, dunque, “il Pm potrebbe quindi agire come un potenziale ‘vettore’ per i nuclei delle goccioline, innescando un effetto boost sulla diffusione del virus”. Potrebbe essere quindi possibile guardare alla via di trasmissione aerea “come una ‘autostrada’ per la diffusione virale”. Infatti, una piccola goccia di virus, in normali condizioni di aria pulita e turbolenza atmosferica, evapora o si disperde rapidamente in atmosfera. Al contrario, “in condizioni di stabilità atmosferica e alte concentrazioni di Pm, c’è un’alta probabilità che i virus creino cluster con le particelle e, riducendo il loro coefficiente di diffusione, aumentino il tempo e la quantità di permanenza in atmosfera e favoriscano il contagio”.
“Durante l’inverno, in Pianura padana, è possibile riscontrare anche per diversi giorni consecutivi più di 150.000 particelle per centimetro cubo, con un impatto sulla salute, anche in termini di mortalità evitabile, oramai acclarato dai rapporti annuali dell’Agenzia Europea per l’Ambiente” spiega Gianluigi De Gennaro, professore di Chimica dell’Ambiente all’Università di Bari. “La Pianura padana in inverno è assimilabile ad un ambiente indoor con il soffitto di qualche decina di metri, dove in presenza di una grande circolazione virale le condizioni di stabilità atmosferica, il tasso di umidità e la scarsa ventilazione hanno di fatto aperto al Coronavirus delle vere e proprie ‘autostrade’”.
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