Chiesa

Don Giussani, il commovente ricordo del parroco di Bozzolo don Luigi Pisani

"Proprio perché non mi è stato più possibile interloquire con lui, con ancora più affetto ed implorazione faccio questo mio pensiero a lui e per lui, che spero ora possa sentirmi dall’alto del cielo, convinto che Dio gli restituisca ciò che la vita gli ha negato".

BOZZOLO – C’è stato un momento particolarmente commovente durante l’ultimo saluto a don Giuseppe Giussani di lunedì pomeriggio a Bozzolo, ossia il commiato del parroco bozzolese in carica don Luigi Pisani. Un saluto carico di umanità tra due sacerdoti che hanno condiviso l’amore per gli ultimi e la volontà di aiutare i più deboli, nel solco della lezione di don Primo Mazzolari. Riportiamo per intero nelle righe che seguono il saluto di don Luigi letto dall’altare durante il funerale.

Mi sento in obbligo di dare un saluto cordiale a don Giuseppe, prete a Bozzolo come Vicario, Presidente della Fondazione Mazzolari – ma anche mio caro confratello Parroco a Brugnolo – con cui ho condiviso l’esperienza parrocchiale e poi una delle prime Unità pastorali della Diocesi. A  lui un saluto cordiale, che spero possa sentire e capire dall’alto del cielo, perché ultimamente don Giuseppe viveva assente con la mente. Chiedo alla mia Comunità radunata, qui in Chiesa, attorno a lui, di ricordarlo come sacerdote, proprio perché a causa del virus non avrà avuto nemmeno la possibilità di essere vestito con i paramenti sacri, prima di essere deposto nella bara , come deve essere per ogni sacerdote. Anche di questo è stato privato, lui che ha vissuto tutta una vita in povertà. Della sua vita povera io ricordo due “segni”:

  • La sua giacca a vento nera, che indossava dal 1° gennaio fino al 31 dicembre. Non la smetteva mai, nemmeno nei mesi caldi dell’anno. Era questo il suo look: come i passeri del cielo che vestono le stesse piume, quei passeri che Dio guarda con tanta sollecitudine. Come spero faccia con lui!
  •  La sua bici, quel grande mezzo di trasporto, che lui inforcava ogni mattina per arrivare a Bozzolo nel suo luogo di lavoro, che era la Fondazione don Mazzolari che,  grazie a lui, compirà il suo primo grande passo organizzativo.

Lui, sacerdote devoto e preparato, non amava la pastorale organizzata, che riteneva non essere più alla sua portata. Però era una persona attenta al suo tempo, di cui sapeva interpretare i problemi più urgenti, sullo stile della profezia mazzolariana. Due i suoi punti fissi: i poveri e la pace. I poveri lui li serviva concretamente nella sua parrocchia: tutte le settimane, e precisamente al sabato mattina, andando a visitare anziani ed ammalati portando loro la comunione. Sacerdote di alta spiritualità, da cui imparai la preghiera silenziosa davanti al tabernacolo, con dispiacere me lo trovai davanti, dopo qualche anno, infermo alla Domus, a Bozzolo, a causa della sua malattia senile.

Non era più capace di intendere e volere: quindi non poteva dir Messa e – peggio ancora – nemmeno  ricevere l’Eucarestia. Ed allora, mentre io mi accingevo a celebrare e lui mi guardava assente ai bordi del presbiterio, io alzavo gli occhi al Crocefisso e gli chiedevo: “Ma perché, Signore?”. Proprio perché non mi è stato più possibile interloquire con lui, con ancora più affetto ed implorazione faccio questo mio pensiero a lui e per lui, che spero ora possa sentirmi dall’alto del cielo, convinto che Dio gli restituisca ciò che la vita gli ha negato”.

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