Cronaca

"Non puoi stare con quel ragazzo":
e la tiene segregata in casa

Una brutta storia che ha avuto un lieto fine con tre persone iscritte nel registro degli indagati della Procura di Mantova con pesanti accuse che vanno dal sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia, violenza privata e sfruttamento del lavoro. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1

Il drammatico episodio nella cittadina Asolana dove una ragazza di origine cinese è riuscita a chiamare i Carabinieri mentre era sequestrata in casa: la famiglia vuole impedirle di frequentare il fidanzato di diversa etnia.

Era la mattina del 3 settembre scorso, quando squilla il telefono della Centrale dei Carabinieri di Castiglione. Una voce lieve, spaventata, quasi piangente, come se volesse nascondersi, chiede aiuto. Riferisce: “Sono quindici giorni che mi tengono chiusa in casa, venite ad aiutarmi”. Poco è bastato all’operatore della centrale per capire cosa stava accadendo e mentre inviava sul posto il Comandante della Stazione Carabinieri di Asola, dall’altra parte, metteva in atto tutti i protocolli necessari al fine di acquisire ogni informazione utile dalla donna per tutelarla e rincuorarla.

Una volta sul posto, i Carabinieri di Asola hanno trovato la porta di casa chiusa a chiave. Sigillata. Da una finestra di casa una voce ha attirato la loro attenzione: una giovane donna di origini cinesi, tremante, spaventata e con gli occhi pieni di lacrime. Alla vista dei Carabinieri, subito è andata loro incontro allungando le mani e chiedendo di essere portata via. I primi dati acquisiti sul posto hanno consentito di capire che si trattava di una giovane donna che sarebbe stata tenuta segregata in casa dalla famiglia per impedirle di frequentare il fidanzato a causa della diversa fede religiosa.

Una volta giunta al sicuro presso gli uffici dell’Arma, la 20enne cinese, alla presenza del Comandante di Stazione, ha raccontato che erano quindici giorni che era stata sequestrata in casa dal padre, una conoscenza dei locali Carabinieri con precedenti nello sfruttamento del lavoro. Riferiva che dopo aver comunicato al padre l’intenzione di avere una relazione sentimentale con un ragazzo di origine Pakistana, che con la stessa lavorava all’interno dell’azienda tessile di famiglia, lui, senza ascoltare ragioni, la rinchiudeva in casa riferendo che non sarebbe uscita fin quando non avesse cambiato idea. Il padre le ha così distrutto il telefono cellulare per evitare che la donna avesse comunicazioni con l’esterno e le ha sottratto i documenti di identità e i titoli validi per l’espatrio. Insomma, ha provato ad annullarle l’esistenza.

Agghiaccianti i racconti della giovane donna che riferiva di percosse da parte del padre finalizzate a farla desistere. La 20enne però non si è arresa e, fiduciosa di trovare comprensione nella famiglia, ha continuato a ribadire la ferma intenzione di proseguire la relazione col giovane Pakistano. Ma ciò non ha avuto un lieto fine.

Sottraendo di nascosto il cellulare alla madre, dopo quindici giorni di sequestro è riuscita a contattare esclusivamente il numero di cellulare che conosceva, ovvero, quello del suo ragazzo, che da quindici giorni non aveva più alcuna notizia di lei. Il giovane quindi, appreso il tutto, le consegnava di nascosto un telefono cellulare con il quale la donna, dopo essere stata istruita dal fidanzato, ha composto il 112 e chiesto aiuto.

I due giovani hanno raccontato di essere stati per anni sfruttati dal padre all’interno dell’azienda. Tra l’altro il giovane pakistano, dopo le dichiarazioni di amore della cinese, veniva subito allontanato dall’azienda tessile e lasciato in mezzo a una strada. Quindi trattando di materia di sfruttamento del lavoro e vista la connessione dei due eventi, sul posto è giunto anche il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Mantova che, avviati gli accertamenti e sopralluoghi del caso, ha appurato che vi era stato sfruttamento totale a carico dei due giovani che raccontavano di incessanti giornate lavorative all’interno della fabbrica, senza giorni di riposo e con paga misera. La giovane donna ha riferito che da anni il padre non le dava alcun compenso per il lavoro svolto.

Una brutta storia che ha avuto un lieto fine con tre persone iscritte nel registro degli indagati della Procura di Mantova con pesanti accuse che vanno dal sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia, violenza privata e sfruttamento del lavoro.

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