Zibello, celebrato il venerabile
Lorenzo: la storia del Servo di Dio
Don Gianni ha colto l’occasione per ricordare come sia vivo il fervore della fede religiosa nel borgo della Bassa Parmense, come dimostrato dal fatto che anche di recente due giovani hanno scelto di abbracciare la vita religiosa, uno nei cappuccini (lo stesso ordine a cui apparteneva il venerabile Lorenzo) e l’altro nei monaci benedettini
A 240 anni dalla “Nascita al Cielo” è ancora vivo, a Zibello, il ricordo del venerabile Servo di Dio Lorenzo da Zibello (al secolo Giovanni Gambara), frate cappuccino che, nelle terre del Po, ha lasciato una impronta significativa, e bella, di fede, umiltà e semplicità, tipiche del soave carisma francescano.
Nella monumentale chiesa dei santi Gervasio e Protasio, quella in cui sicuramente tante volte, da ragazzino, ha avuto modo di pregare, è stato il parroco don Gianni Regolani a ricordarlo durante la messa di domenica 12 dicembre. L’occasione è stata appunto quella del 240esimo anniversario della “Nascita al Cielo” del venerabile che nacque nel borgo fluviale il 14 ottobre 1695. In lui, la vocazione religiosa fiorì fin dalla più tenera età.
Tra gli episodi salienti quello riguardante una cugina che, nel fiore degli anni, volse le spalle al mondo per rinchiudersi nel convento di Santa Chiara in Busseto. In quel momento riuscì a intravedere la chiamata di Dio e il 15 agosto 1716, solennità dell’Assunta, a soli 21 anni vestì l’abito dei novizi nel monastero di Carpi, assumendo il nome di Lorenzo. Già allora uno dei suoi maestri, padre Bernardino da Parma, scrisse di aver notato nell’allievo singolari doti di pietà, ubbidienza e mortificazione additandolo anche ad esempio non solo per gli altri novizi ma anche per i religiosi provetti.
Dopo un anno fu ammesso alla professione solenne e da allora si attenne scrupolosamente a un cammino improntato alla semplicità evangelica, alla preghiera, alla penitenza in totale dedizione a Dio. Dopo Carpi, fu il convento di Monticelli d’Ongina la sua destinazione dove ebbe mansioni di sagrista e dove proseguì gli studi delle scienze teologiche e filosofiche. A Monticelli d’Ongina restò tre anni ricevendo gli ordini minori, mentre in cattedrale a Fidenza fu ordinato suddiacono prima e diacono poi.
Il 13 marzo 1723, a Busseto, venne ordinato sacerdote dal vescovo monsignor Gherardo Zandemaria e, da novello sacerdote, fu inviato a Guastalla dove trascorse 53 anni di vita, sagrista della chiesa del convento presso il cimitero. In lui rifulsero sempre chiare virtù cristiane che esercitò per tutta la sua esistenza, distinguendosi per umiltà, povertà, castità ed ubbidienza e, soprattutto, suprema penitenza.
Ebbe sempre un misterioso timore della scienza, tant’è che è nota la sua dichiarazione “non voglio sapere”. Della sapienza di Dio che è spirito di intelletto e di fortezza, di prudenza, consiglio e pietà ne aveva a sufficienza per tenere alti la testa ed il cuore, pronunciando di conseguenza la sua parola e portando sempre con sé il Vangelo e la Regola.
Semplice e giusto, le sue parole spargevano pace e bontà, ponevano l’ordine nel disordine, la pace nella discordia, facendo sempre fiorire una speranza dove vi era la desolazione. Proprio a Guastalla ebbe origine e si diffuse con rapidità la fama della sua santità. A lui, martire oscuro del silenzio e della rinuncia, fatto custode geloso di Dio e delle cose sue, le persone iniziarono, numerose, a rivolgersi per avere benedizioni, consigli e preghiere.
Grazie singolari sono attribuite alla sua intercessione. In particolare sono passate alla storia le prodigiose guarigioni di Felicita Allari di Gualtieri e della contessina Elena Rados di Guastalla, entrambe affette da una forma grave di tisi che dai medici era stata giudicata inguaribile. Inoltre, nel 1780, quando una piena del Po minacciava da giorni la città e le acque avevano già inondato le campagne con la loro furia devastatrice, la popolazione disperata irruppe nel convento, prelevò l’anziano cappuccino e lo portò sugli argini a benedire le acque, che miracolosamente si abbassarono.
Anche dopo la sua morte, avvenuta il 13 dicembre 1781 nel convento di Guastalla, i miracoli si ripeterono in gran numero tra coloro che accorsero a venerare le venerate spoglie. Unitamente alla tradizione popolare circa la santità del cappuccino, questi fatti portarono la suprema autorità ecclesiastica ad avviare la causa di beatificazione. Nel 1876 iniziò il processo di beatificazione che nel 1894, a conclusione del processo apostolico, gli conferì il titolo di Venerabile.
Inizialmente la salma del venerabile fu inumata nella chiesa dei cappuccini a Guastalla e nel 1920 fu quindi traslata nella cattedrale della stessa città, in un artistico sarcofago marmoreo dove tuttora riposa. A Zibello, in occasione dell’importante anniversario, sull’altare maggiore è anche stato esposto il quadro, che ritrae il venerabile. Quadro che, da sempre, si trova in una delle navate laterali della stessa chiesa.
Don Gianni ha colto l’occasione per ricordare come sia vivo il fervore della fede religiosa nel borgo della Bassa Parmense, come dimostrato dal fatto che anche di recente due giovani hanno scelto di abbracciare la vita religiosa, uno nei cappuccini (lo stesso ordine a cui apparteneva il venerabile Lorenzo) e l’altro nei monaci benedettini. In tanti hanno infine auspicato una ripresa della causa di beatificazione del venerabile Lorenzo, che possa portarlo quanto prima alla Gloria degli altari.
Paolo Panni, Eremita del Po