Cronaca

La secca del fiume e i doni
del Po: piccoli resti emersi

oLa magra del Grande fiume che, in questi giorni di fine inverno, sta raggiungendo proporzioni ragguardevoli, va a tenere aperto quel grande libro di storia che si può leggere, osservare e studiare portandosi direttamente sulle rive del Po. Per un tratto di meno di 60 chilometri, da Stagno Lombardo a Gualtieri, le rive del maggiore dei corsi d’acqua italiani sono un museo a cielo aperto di storia, che è quella delle nostre terre.

All’altezza di Stagno Lombardo, la magra ha reso più evidenti i resti delle antiche mura del paese scomparso di Polesine di San Vito: la remota Polesine Parmense per intenderci. Si tratta di resti di mura di dimensioni piuttosto notevoli, sistemati sulla riva sinistra a comporre la massicciata del fiume. Questo è il destino a cui sono andati incontro i resti del borgo scomparso: parti di una semplice massicciata, divenuti apparentemente anonimi. Ma tra quelle vetuste e silenziose mura si celano pagine e pagine di storia locale. In Po, come già si è scritto in occasione della recente ricomparsa, sullo spiaggione di Polesine Parmense, di un ulteriore pezzo di muro della vecchia Polesine di San Vito, sono finite, nei secoli, due chiese, un castello e, senz’altro, diversi altri edifici.

La storia informa che la prima chiesa parrocchiale di Polesine di San Vito venne demolita nel 1400 perchè gravemente danneggiata dalle acque del Po. La successiva, costruita intorno al 1400 in sostituzione della precedente, fu a sua volta distrutta dalle acque del Po nel 1720. E’ tra l’altro certo che il Marchesato di Polesine e Santa Franca ebbe un castello, come informa anche Guglielmo Capacchi nel suo libro “Castelli Parmigiani”. Castello che era posto a difesa di quell’importante porto fluviale che si apriva immediatamente a nord ovest del “Palazzo delle Due Torri” (l’odierna Antica Corte Pallavicina). Fonti storiche alla mano, un duplice ordine di fortificazioni esisteva in Polesine poiché il trattato di pace e di alleanza tra il Duca di Milano Filippo Maria e il Marchese Orlando Pallavicino del 5 gennaio 1431 parla espressamente di “castrum et rocha Polesini” lasciando intendere che l’abitato intorno al porto era cinto di mura e difeso da una piazzaforte. E’ quindi certo che le mura che giacciono, silenziose, sulla sponda sinistra, appartenevano a una delle due chiese, o al vecchio castello, sommersi dalle acque del Po. A questo proposito va ricordato che, negli anni Ottanta del Novecento, un palombaro venne inviato a far esplodere, in acqua, i resti degli antichi edifici che ostruivano il passaggio delle bettoline. I resti furono quindi recuperati e sistemati, in parte, sulla sponda sinistra all’altezza di Stagno Lombardo e, in parte, dietro al municipio di Polesine per lasciare una testimonianza, seppur simbolica, della storia locale. Peccato che, anche quelle piazzate dietro al municipio di Polesine Parmense, siano state lasciate lì, come un semplice cumulo di mattoni. Negli anni si sono alternati sindaci e amministratori ma, ad oggi, non uno che abbia avuto la semplicissima idea di far realizzare una piccola targa (che non sarebbe costata un capitale) con descritta, brevemente, la storia del paese, per contestualizzare e dare un senso a quelle mura. Non sarebbe stata necessaria una lungimiranza da record, non sarebbe servito uno sforzo sovrumano. Bastava la volontà, e solo quella: la prima che spesso manca, specie quando si tratta di custodire e promuovere la storia.

Spostandosi a Zibello (che da qualche anno fa comune insieme a Polesine dopo una inutile e grottesca fusione che, fino ad ora, non ha portato beneficio alcuno alle comunità locali ) ecco che, in località Via Lunga, la magra, come già dettagliatamente descritto di recente su oglioponews, ha fatto riaffiorare i resti del “Barcon ad Baldo”, il vecchio barcone (lungo 25 metri) che, decenni fa, Ubaldo Morenghi utilizzava per il trasporto e il commercio di sabbia e ghiaia. Infine, a Gualtieri, nella Bassa Reggiana, il ritiro delle acque ha fatto di nuovo emergere, da pochi giorni, i resti di tre relitti all’altezza dell’Isola degli Internati. Risalenti alla seconda guerra mondiale, si tratta dei relitti di navi che sono state bombardate e affondate durante un violento conflitto a fuoco mentre era in corso la ritirata dei tedeschi che, nel 1945, risalivano verso Nord, inseguiti dagli Alleati e dalle squadre partigiane. La scoperta è stata fatta nel novembre 2006, durante un’altra grande secca del fiume che ha fatto riaffiorare dal passato le due navi e una pirodraga, un tempo adibite al trasporto di prodotti agricoli, di carbone e di massi destinati all’edificazione di infrastrutture. Vista l’impossibilità di riutilizzare i natanti, neppure il ferro di cui sono realizzate, la città di Gualtieri ha deciso di lasciarle là dove sono affondate, per non dimenticare con mestizia la memoria del luogo e della storia perduti. In questi paesaggi, tra i Pioppi e le nebbie della golena, tra l’altro, visse per lunghi periodi il pittore e scultore Antonio Ligabue che lì spesso si rifugiava quando entrava nelle sue profonde e tormentose crisi e si sentiva rifiutato dalla comunità. Oggi silenziosa e suggestiva oasi naturalistica, l’Isola degli Internati porta questo nome perché nel 1945 fu data in gestione ad una cooperativa agricola di ex prigionieri della seconda guerra mondiale, affinché potessero avere un reddito con lo sfruttamento del legname.

Nel complesso, un patrimonio di storia e di cultura che merita di essere conosciuto, divulgato e tutelato, a beneficio di un ambiente, quello del Po, ricco di eccellenze e di motivi per essere frequentato, ammirato e vissuto.

Non è nemmeno escluso che, man mano che le acque si ritirano, possano uscire anche altre sorprese. In questo senso il periodo di magra eccezionale può favorire scoperte e ritrovamenti in grado di restituire pezzi del nostro passato.

Come sempre accade in occasione dei momenti di secca del fiume c’è anche chi inizia a parlare del possibile ritrovamento di carriarmati e cannoni che sarebbero andati perduti durante la ritirata tedesca. Difficile che ritrovamenti di questo genere possano avvenire perché i mezzi bellici, visto il loro peso, con ogni probabilità sono sprofondati nella sabbia di parecchi metri. Coloro che vogliono conoscere meglio gli aspetti legati al periodo del secondo conflitto bellico non deve perdersi la possibilità di visitare il Museo della seconda guerra mondiale del fiume Po di Felonica (Mantova) In ogni caso, visto che tutto è possibile è giusto attendersi, dal fiume, nuove sorprese.

Eremita del Po, Paolo Panni

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