Carcinosi peritoneale: a Cremona
una metodica innovativa
«Si tratta di un intervento di estrema complessità, che dura diverse ore e può portare a complicanze anche serie», spiega il chirurgo Andrea Celotti. GUARDA IL VIDEO
L’ASST di Cremona è tra i pochi centri italiani – una trentina in tutto – a praticare una metodica chirurgica altamente specialistica su pazienti affetti da carcinosi peritoneale. Si tratta della citoriduzione con chemioterapia ipertermica intraoperatoria (HIPEC): un’arma in più, capace di fare la differenza, per affrontare questa tipologia di tumore addominale.
«Il trattamento Hipec – spiega Gian Luca Baiocchi Direttore UO Chirurgia – associa una prima fase di demolizione chirurgica del carcinoma ad un lavaggio della cavità addominale con un farmaco chemioterapico perfuso ad alta temperatura, utilizzando un macchinario in grado di regolare e monitorare l’intera procedura. Tale metodica aumenta le possibilità di controllo della malattia».
«L’Asst di Cremona – continua Baiocchi – possiede tutte le caratteristiche strutturali per essere centro di riferimento per la cura di patologie di particolare gravità prognostica e impegno clinico. Il nostro obiettivo immediato è quello di offrire alla popolazione della provincia di Cremona i massimi standard qualitativi compatibili con l’offerta sanitaria nel nord Italia. Per fare questo, la collaborazione multidisciplinare è imprescindibile».
Lucia – classe 1940 – con diagnosi di carcinoma ovarico al terzo stadio scoperto nel giugno 2021. Dopo la diagnosi e le prime cure chemioterapiche effettuate lo scorso autunno, si è rivolta all’Asst di Cremona per valutare una tipologia d’intervento «del tutto innovativa e coraggiosa», ricorda Lucia. «Non è stato un calvario, è stato un cammino molto sereno: mi sentivo consapevole e in buone mani». Nonostante la complessità dell’operazione e la fragilità della paziente, il buon esito dell’intervento ha permesso a Lucia di essere dimessa dall’Ospedale di Cremona due settimane dopo l’operazione, per intraprendere il percorso di riabilitazione presso un’altra struttura sanitaria. L’esperienza vissuta nella chirurgia di Cremona porta con sé un ricordo positivo: «qui ho riscoperto l’ospedale – afferma Lucia – l’impegno, la serietà dei medici e degli operatori. Un’équipe giovane, entusiasta molto preparata e molto vicina ai pazienti».
L’intervento cui è stata sottoposta Lucia è stato condotto dal chirurgo Andrea Celotti con il primario Gian Luca Baiocchi. Al loro fianco in sala operatoria: Aldo Riccardi (direttore UO Ostetricia e Ginecologia), Luca Giovanessi (urologo), Luca Mattia Quarti e Manuela Mastronardi (chirurghi specializzandi), Marco Gardini (anestesista), Luca Chierici (anestesista specializzando), Lucia Marchesi e Barbara Nolli (strumentiste), Adriana Albanesi (infermiera di sala).
«Si tratta di un intervento di estrema complessità, che dura diverse ore e può portare a complicanze anche serie», spiega il chirurgo Andrea Celotti. «Una volta effettuata la diagnosi precisa e valutate le condizioni di salute del paziente, viene programmato l’intervento: «La prima fase prevede una fase chirurgica citoriduttiva (CRS) che consiste nell’asportazione del tessuto tumorale, seguita dalla chemioipertermia intra-peritoneale (HIPEC), e dal lavaggio intraperitoneale con un farmaco chemioterapico ad alta temperatura», prosegue Celotti. «I pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento vanno incontro ad una complessa gestione, che inizia nella fase preoperatoria e prosegue nella fase postoperatoria. Per questo motivo, oltre alla selezione dei pazienti, è importante adottare un approccio multidisciplinare, basato sulla collaborazione con vari specialisti, tra cui urologi, ginecologi, chirurghi, oncologi, anestesisti e rianimatori. Oltre ad ampliare l’offerta terapeutica, con l’introduzione dell’Hipec ci auguriamo di riuscire a trattare sempre più pazienti e diventare un centro di riferimento per questo tipo di patologia e offrire un’arma in più per combatterla».
È uno stadio avanzato di malattia neoplastica in cui cellule tumorali, di origine gastrointestinale, ginecologica e, raramente, primitiva del peritoneo, metastatizzano nella cavità peritoneale, cioè in quello spazio virtuale all’interno del quale sono collocati la maggior parte degli organi intra-addominali. La carcinosi peritoneale, in Italia, colpisce circa 25.000 persone ogni anno, con una prognosi largamente infausta. Tuttavia, grazie alle tecniche chirurgiche più innovative, crescono le percentuali di guarigione o, almeno, di controllo della malattia.
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