Ambiente

In cammino e in profondo silenzio,
l'attesa lieve della primavera sul Po

Come diceva San Bernardo che “Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”

Sono belle, in ogni tempo e in ogni stagione, le terre del Po, sull’una e sull’altra riva. Lo sono anche in questi giorni particolari in cui inverno e primavera sembrano duellare tra loro, nel tentativo di una supremazia che, alla lunga, toccherà alla bella stagione: quella dei colori, dei profumi e degli alberi in fiore. Sono quei giorni in cui la terra, accarezzata dalla bruma e dal gelo della notte, ancora dormiente, si avvicina lentamente al risveglio, pronta a donare, ancora una volta, i frutti del lavoro e del sudore dell’uomo. Sono quei giorni in cui la rigide temperature della notte e del mattino lasciano spazio ai primi tepori di un caldo che verrà. Le terre di fiume, sull’una e sull’altra riva, sono da scoprire e da vivere lentamente, a piedi e in silenzio, osservando ogni dettaglio (ricordandosi che osservare va ben oltre il semplice guardare), ogni più piccola sfumatura, ascoltando suoni e melodie, rintocchi di vecchi campanili al suono del vespro, ed infiniti silenzi.

Lasciate da parte auto e tutto ciò che fa rumore e inquinamento; si riscopra la bellezza e la purezza del cammino, tra argini e pioppeti, spiaggioni e radure, carraie e cascine (che, insieme alle case coloniche, sono testimoni incrollabili, anche quando le crepe le squarciano, della laboriosità dei nostri padri). Si faccia l’esperienza del silenzio, che non è solitudine.

Il silenzio, specie di questi tempi, è grazia e ricchezza, ricerca dell’essenziale e consapevolezza del necessario. Perché, come diceva Khalil Gibran “Esiste qualcosa di più grande e più puro rispetto a ciò che la bocca pronuncia. Il silenzio illumina l’anima, sussurra ai cuori e li unisce. Il silenzio ci porta lontano da noi stessi, ci fa veleggiare nel firmamento dello spirito, ci avvicina al cielo; ci fa sentire che il corpo è nulla più che una prigione, e questo mondo è un luogo d’esilio”.

Un’esperienza che permette di ascoltare, mettendosi in disparte, il canto della poiana, di osservare il volo maestoso degli aironi e degli ibis sacri, la corsa improvvisa di un capriolo o di una volpe, farà ascoltare il cinguettio del codirosso o della cinciarella ed ammirare i colori del martin pescatore e del pettirosso. Con un po’ di fortuna in più ci sarà anche la possibilità di fare incontri singolari come quello con il curioso istrice o lo splendido sciacallo dorato che, da qualche tempo a questa parte, sembra aver trovato casa nelle tetre di fiume.

Alle ultime sfumature d’autunno che hanno tinteggiato il fogliame nelle aree incolte, in questa spettacolare lotta tra inverno e primavera, si aggiungono i primi colori di primavere, quelli donati dalle margherite e dal tarassaco, dalle viole e dagli “occhi della Madonna”. A fare da sfondo a tutto questo, tra albe e tramonti, nebbie e giornate di sole, il Grande fiume, nel suo costante e interminabile cammino verso il mare, da custode tenace e sicuro delle vicende, delle storie e dei segreti delle genti che vivono e lavorano sulle sue rive.

Un’esperienza da non perdere, in ogni tempo ed in ogni stagione, che ci sia la magra o la piena, per ammirare ancora una volta, con stupore e incanto la bellezza delle terre del Po e dei loro piccoli borghi, fermandosi sul vecchio Eridano, sotto le fronde di qualche vecchio albero, ricordando, come diceva San Bernardo che “Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà” e osservando in silenzio il fiume, come d’improvviso, ci si troverà a ripetere, come scriveva Tagore “Sempre ti ascolto in silenzioso stupore”.

Eremita del Po, Paolo Panni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...