Cronaca

Umberto Battini ed una mostra
particolare: rifiuti lungo il fiume

L’iniziativa arriva da Calendasco, vivace centro rivierasco della provincia di Piacenza ed è nata da una idea di Umberto Battini, insigne storico locale e grande innamorato del Grande fiume

I rifiuti abbandonati nel Grande fiume, uno degli emblemi più eclatanti dell’inciviltà dell’uomo, diventano nientemeno che una mostra. Una esposizione davvero unica, singolare, in qualche modo provocatoria, nobile nella sua finalità principale. Una idea da copiare, rilanciare, proporre a tutti coloro che vivono intorno al fiume e che amano l’ambiente, lo rispettano e lo tutelano.

L’iniziativa arriva da Calendasco, vivace centro rivierasco della provincia di Piacenza ed è nata da una idea di Umberto Battini, insigne storico locale e grande innamorato del Grande fiume. Un uomo, Battini, con la passione per la storia, per la sua terra, per il suo fiume. Un po’ un eremita, anche lui, che ogni giorno, in ogni stagione va sul Po, lo vive, lo frequenta, lo fa conoscere e lo valorizza.

Durante le sue lunghe camminate sugli spiaggioni, durante questi lunghi mesi di magra, si è spesso imbattuto, purtroppo, nei tanti, troppi rifiuti gettati, da incivili, nelle acque del Po. Non poteva accettare questo “schiaffo” al più grande fiume d’Italia e così si è messo a raccogliere ed a portar via quello che incontrava lungo il suo cammino.

Ha trovato di tutto, ha tenuto tutto e ora questo “tutto” finisce in una mostra. Battini, ancora una volta, ha trovato la disponibilità totale del suo amico Bruno Grassi, un altro cultore ed appassionato di fiume e di storia locale che gli ha messo a disposizione la sua proprietà, l’Antico Hospitale. Qui, e più precisamente nel Padiglione San Corrado di via Mazzini, dall’8 al 13 maggio, avrà luogo la mostra il cui titolo è “Il Po, Antropocene – Archeologia di Plastica”.

Il dizionario Treccani alla voce “Antropocene” parla dell’epoca geologica attuale in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala sia locale che globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all’aumento delle concentrazioni di Co2 e Ch4 nell’atmosfera. L’archeologica di plastica, invece, raccoglie quegli oggetti “plastici” che il Po ha restituito con le sue secche, nei suoi “alti e bassi”, scoprendo e ricoprendo.

Come ricorda lo stesso Umberto Battini già esiste un museo di oggetti plastici spiaggiati dal mare: si trovano “reperti” che hanno anche 70 anni, contenitori di prodotti ormai fuori commercio. “Anche il Grande fiume – spiega l’ideatore dell’originalissima mostra – purtroppo, restituisce di questi oggetti: significa che per poterli smaltire il nostro Po ci metterà centinaia di anni, come hanno già anche appurato diversi studi scientifici. ,ma la cosa peggiore è che si ritrovano rifiuti plastici (ma non solo) anche recenti. Questo significa che c’è ancora gente che smaltisce rifiuti gettandoli in Po. In una società che ormai permette a tutti di poter fare il riciclo di ogni tipo di materiale e rifiuto, questo dato sorprende maggiormente. Al limite, per chi non ama il termine “riciclo” resterebbe sempre la possibilità del “sacco nero”, nell’indifferenziato, cosa certamente migliore del buttare rifiuti di ogni tipo in Po. L’aspetto sorprendente è che si trova ogni tipo di rifiuto che la nostra civiltà produce e che qualcuno, non si sa come e quando, si prende la briga di gettare nelle acque del più grande fiume d’Italia. Abbiamo trovato alimenti “intonsi” scaduti e non scaduti – ricorda Battini – contenitori ormai fuori commercio di ogni tipo di prodotto, oggetti beauty, presidi medici, medicinali in “blister”, giocattoli o parti di essi a volontà. Oltre a oggetti quali scarpe da uomo, donna, bambino, scarpe da football di varie misure, colori e “numeri”, barattoli per olio d’auto, per vernici, spray vari, matite, pennarelli, “creme” per uso sessuale, filtri d’auto. Oggetti tra i più inconsueti che il Po in costante sofferenza porta alla luce, nel suo già desolato letto d’acque. L’idea – rimarca – è quella del promuovere la sensibilità del “rifiuto zero” nel Grande fiume, sensibilizzando l’opinione pubblica. La mostra di questi oggetti, e ne troverete di veramente curiosi, è stata pensata per far capire quale danno si arreca al paesaggio naturalistico, per comprendere che i contenitori plastici per primi meritano il riciclo, altrimenti per centinaia di anni andranno ad inquinare l’ambiente e le acque. Siamo tutti a conoscenza di come ed in che misura i mari del mondo siano devastati da plastica e microplastica, con danni a fauna vegetale ed animale. Una ‘goccia nel Po’ questa mostra, forse la prima in Italia, sperando che altri la copino e la rilancino, dal Monviso fino al Delta”.

Mostra che, con ingresso libero, sarà visitabile il mattino dalle 10 alle 12 e il pomeriggio dalle 15 alle 17.30. Mostra, va assolutamente aggiunto, da copiare e riproporre anche nelle nostre terre. Per promuovere appunto la cultura e la sensibilità del “rifiuto zero”, per conoscere e vivere il fiume, per salvarlo e tutelarlo, con i fatti e non con le parole. Una iniziativa alla portata di tutti che chiunque può realizzare, portandosi sulle spiagge del Po (con prudenza, e soprattutto mai da soli): bastano un paio di guanti da lavoro, un sacchetto sgualcito e tanto amore per il nostro ambiente. Segnandosi scrupolosamente le date della mostra in programma a Calendasco, ritagliandosi fin da ora una mezza giornata, tra l’8 ed il 13 maggio, per conoscere una iniziativa tanto unica quanto speciale.

Eremita del Po, Paolo Panni

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