Cronaca

Ospedale, quel bar chiuso da due
mesi. E una proposta da sposare

C’è chi propone peraltro, come soluzione ponte o anche definitiva, di riprendere una proposta che ha riscosso grande successo nel veronese, dove una cooperativa che aiuta ragazzi con sindrome di Down o con disabilità intellettive, ha dato a questi ragazzi, dopo un corso ad hoc, la possibilità di servire al bancone, con la supervisione attenta di due educatori. GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1

A fine marzo, come avevamo per tempo annunciato, il bar dell’ospedale Oglio Po veniva chiuso per inadempienza da parte del gestore che, nonostante un primo tentativo di conciliante da parte di ASST Cremona, aveva continuato ad accumulare debiti, in particolare per quel che concerne il contratto d’affitto non rispettato. Un debito di 138mila euro. Ora, a inizio maggio, nulla ancora si muove e il bar resta chiuso.

Un servizio importante per l’ospedale Oglio Po e una chiusura che è pure un fantasma indicatore dello specchio dei tempi: al momento non si vedono soluzioni, mentre prende piede l’ipotesi di una gestione ponte che possa portare a formulare poi un successivo nuovo bando di gara per dare in gestione il servizio.

Perché il bar dell’ospedale Oglio Po è così poco appetibile? Essenzialmente, stando alle lamentele percepite nei giorni scorsi anche da chi ha provato ad avvicinarsi ad ASST per proporsi, per due motivi: da un lato il contratto d’affitto ritenuto troppo alto rispetto ai prezzi che ci sono sul mercato; dall’altro la clientela che negli anni è divenuta più esigua. Passati i duri mesi del Covid dove l’ospedale – con annesso bar – erano ovviamente sorvegliati speciali e dove giocoforza non era quasi possibile sostare per bersi un caffè, ora che la situazione si è normalizzata il problema sembra essere sempre lo stesso, ossia quello di una struttura depotenziata rispetto ai primi anni, in cui le presenze sono inferiori al recente passato.

Riaprire il bar non è certo il metodo per attirare nuovi pazienti, perché un ospedale deve curare e non fornire cappuccio e brioche, banalmente, ma per la famosa teoria delle finestre rotte, ecco che una saracinesca abbassata non aiuta a vedere un futuro roseo. C’è chi propone peraltro, come soluzione ponte o anche definitiva, di riprendere una proposta che ha riscosso grande successo nel veronese, dove una cooperativa che aiuta ragazzi con sindrome di Down o con disabilità intellettive, ha dato a questi ragazzi, dopo un corso ad hoc, la possibilità di servire al bancone, con la supervisione attenta di due educatori.

Una opportunità che a Casalmaggiore si potrebbe valutare, tenendo conto anche della presenza di tante associazioni che, sul territorio, si occupano di seguire e garantire dignità – in molti casi anche lavorativa, con una retribuzione specifica – a ragazzi con disabilità. E’ solo una proposta, non nostra ma che facciamo nostra, un appello. Chissà che non venga accolto…

Giovanni Gardani

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