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My Smart Diary, l’esperto: “Con Ai aumenta capacità di monitorare disturbi alimentari”

(Adnkronos) – “Aumentare la capacità del medico di monitorare i pazienti con disturbi del comportamento alimentare grazie a dei profili di mentalizzazione con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. E’ questa l’innovazione della web App My Smart Diary, il diario alimentare intelligente, anche se sarebbe più corretto definirlo il diario emozionale, messo a punto dalla Fondazione per la sostenibilità digitale nell’ambito del progetto Digital4Aid”. Lo ha detto Stefano Epifani, presidente della fondazione “di ricerca in Italia che guarda alla complessità di un tema che deve coniugare tecnologia, ambiente, economia e società nell’ottica dello sviluppo sostenibile”, intervenendo questa mattina in un convegno in Senato per la presentazione di My Smart Diary. 

I ragazzi e le ragazze che hanno questo tipo di patologia utilizzano un diario nel quale scrivono le emozioni che hanno in relazione al cibo. “Abbiamo quindi pensato a un diario smart dove, attraverso anche meccanismi push, utilizzando linguaggi a loro consoni, li facilitiamo in questo lavoro – spiega Epifani – Sostanzialmente abbiamo creato uno strumento per registrare le reazioni emotive al cibo dei ragazzi e delle ragazze affette da disturbi dell’alimentazione in una specie di data entry molto articolato che comprende il coinvolgimento di ChatGpt. Nello specifico, l’intelligenza artificiale basata su Gpt comincia a dialogare con l’utente ponendogli domande, facendogli vedere una storia, o raccontandogliela, e chiedendo all’utente cosa ne pensa. In base alle reazioni, si crea il profilo di mentalizzazione” utile al clinico che ha accesso a queste informazioni, per una migliore e tempestiva presa in carico del paziente. 

“Sicuramente in Europa”, ma probabilmente anche a livello internazionale “questo è il primo progetto orientato a dimostrare che la tecnologia è uno strumento portentoso di sostenibilità anche in ambito della saluta – afferma Epifani – Lo abbiamo realizzato con un gruppo molto articolato e internazionale”, mettendo insieme “l’intelligenza artificiale, disturbi alimentari e minorenni. Dobbiamo renderci conto che l’intelligenza artificiale è una grandissima opportunità che va utilizzata bene. Abbiamo per questo partner scientifici. In Italia l’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ausl di Bologna, in Svizzera il reparto di psicoterapia dei servizi psichiatrici del Canton Grigioni. A livello tecnologico, trattandosi di intelligenza artificiale, ci siamo rivolti a Microsoft, ChatGpt. Per la piattaforma, abbiamo pensato ad AlmaWave. Il sistema infatti si basa sulla mentalizzazione, un metodo che, verbalizzando le emozioni, riesce a desumere gli andamenti di una patologia”. 

L’obiettivo non è la diagnosi. “Ci teniamo lontani dalla costruzione di modelli diagnostici – precisa il presidente della Fondazione per la sostenibilità digitale – Noi non andiamo con My Smart Diary a costruire un profilo diagnostico del paziente, ma parliamo” attraverso ChatGpt “col paziente, al quale chiediamo dei commenti su una storia che non riguarda la sua situazione. Sono episodi presi da serie e film, dalla letteratura, anche classica. Sulla base delle risposte che il paziente fornisce, l’intelligenza artificiale sviluppa un profilo di mentalizzazione che viene presentato al terapeuta” ogni settimana. “L’intelligenza artificiale è in grado di segnalare a chi ha in cura il paziente se ci sono variazioni in un senso positivo o negativo al profilo, dandogli così la possibilità di intervenire tempestivamente in caso di ricadute” che, in queste patologie, sono velocissime. 

“My Smart Diary, è un percorso avviato ormai 2 anni fa – ricorda Epifani – ma abbiamo già tutta una serie di implementazioni da proporre a valle di questo progetto che resta aperto ad altre Asl e a tutti i centri che vorranno aggiungersi. Dato poi che la metodologia usata è assolutamente adottabile per tutta una serie di disturbi dello spettro del comportamento, amplieremo l’impiego grazie alla Fondazione che sta coordinando una rete di partner, di professionisti, di persone che si sono messe in prima linea a lavorare in un’ottica di ‘give back’, quindi sostanzialmente per restituire parte di quanto si è avuto, per dimostrare che la sostenibilità digitale – conclude – è una cosa concreta”. 

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