Cultura

Stefano Ventura, con Curcio
Editore ecco "Il ciclo compiuto"

Di lui hanno già scritto in molti, lui che si è aperto un varco nell’arcobaleno delle parole e ne ha fatto arte, oggi parecchio riconosciuta. Ma come si diventa scrittori dopo essere stati, fino alla pensione, insegnanti di ginnastica, e al diavolo “scienze motorie” come la si chiama oggi. Partiamo dal fatto che Stefano Ventura, prima che insegnante e scrittore, è un uomo intelligente, colto, sensibile e soprattutto buono.

In un periodo particolare, un bisogno, esigenze nuove, ma forse neanche tanto, suonano un campanello flebile ma insistente. Gli ospiti, attaccati a quel campanello sono due: pittura scrittura; sperimentate entrambe, la pittura si rivela un “anche no” la scrittura “un forse sì”.

Per scherzo nascono pensieri e racconti brevi che diventano due, tre, dieci…. il primo libro, “Dal sole alla luna – tra passato presente e futuro”, ambientato in un immaginario passato, poi nel presente, per finire in un lontanissimo e surreale futuro, è il primo dei dieci libri di Stefano Ventura. Questa nuova e avvincente avventura prosegue e sortisce una serie di opere ambientate nell’antichità: Impero RomanoSpagna della fine del 1400 Casalmaggiore, testimone degli ultimi momenti di vita del Parmigianino.

Dopo queste opere assistiamo ad una virata verso altri mondi e all’inizio di un periodo artistico molto interessante, sia dal punto di vista narrativo che storico / letterario / archeologico / mitologico. Nasce una “serie” per dirla in slang, una trilogia il cui fil rouge catapulta il lettore in una delle più avvincenti civiltà sepolte, la civiltà Inca, una serie che invece che da Netflix viene catturata da Armando Curcio editore.

Attratto da sempre dall’antichità e dalla cultura classica Stefano studia, si informa, cerca e, addentro al mondo Inca, si imbatte in una parola ricorrente: Quipu, insieme di cordicelle annodate che fu sistema di conteggio e comunicazione. La curiosità lo induce ad approfondire e nasce “Il Codice Inca” il primo della trilogia a cui daranno seguito “L’enigma della Croce Inca” e “Il segreto della Vergine Inca” un viaggio di studio nella storia antica, nel mito e nella fantasia.

I gemelli archeologi, Demian Soledad, personaggi della trilogia, si trasferiscono in Egitto e riappaiono nel “Monile d’Avorio”. Ma veniamo ad oggi, il 2024 vede la nascita di “Il ciclo Compiuto” ultimo fuoco d’artificio di Ventura, ultimo per comparsa cronologica ma che assolutamente non porta con sé la parola fine, altre pozioni bollono nel pentolone. Ambientato in due mondi apparentemente distanti, si sviluppa tra Alessandria d’Egitto attorno al terzo secolo AC, sotto il regno di Re Tolomeo II, detto il Filadelfo, e una misteriosa isola del mediterraneo dove il crudele giudice Adam vuole imporre le dure regole dell’Acabar (fantasia).

Da una parte abbiamo Re Tolomeo, che voleva arricchire la sua biblioteca con tutti i testi esistenti sulla terra, emana un editto in cui si legge che, tutti i testi scritti esistenti nel mondo, dovevano essere portati ad Alessandria ed essere trascritti; il Re avrebbe poi restituito le copie tenendosi l’originale. Dall’Oriente arriva lo studioso Aristea che porta i suoi scritti, prevalentemente religiosi, e ne approfitta per approfondire la sua conoscenza sul tema prendendo a prestito i testi che arrivano da altre civiltà e culture che studia, confronta e soppesa.

Quando si reca a restituirle, il bibliotecario lo interroga, gli chiede cosa ha tratto da quelle letture. Aristea risponde di averle trovate tutte interessanti fatta eccezione per la Torah che invece denota dei vuoti: mancano punti salienti che le impediscono di essere un insieme omogeneo. Inoltre, non essendo scritta in greco, lingua al tempo più diffusa, la maggior parte delle persone non la può consultare. Per ovviare bisogna rivolgersi al Gran Sacerdote del tempio di GerusalemmeEleazaro, il quale invierà 72 saggi ad Alessandria per trarne la corretta traduzione, impresa che si tingerà di giallo.

Ad un tratto la scena cambia: ora siamo in un’isola, immaginaria, una Macondo qualunque dove il potente giudice Adam vuole far terminare la vita dei cittadini che hanno raggiunto i 72 anni con una sorta di rituale chiamato Acabar. L’anziano, portato in cima a una rupe, è gettato sotto dal proprio figlio, mentre entrambi mostrano un sorriso; prima del rito i due masticano l’erba “oenante crocata” che provoca contrazioni facciali simili ad un sorriso sardonico. Se Il numero 72, così come il mito e la storia, appaiono in entrambi i mondi sarà la figura del giudice il principale trait d’union tra di essi.

Il tema del fine vita, tanto discusso ultimamente, la vicenda di Michela Murgia e il suo libro Acabadora, colei che pone fine, sortiscono in Stefano l’idea di una visione fantastica e personale “dell’amore, della morte e di altri demoni”.

Tanti sono i temi e gli spunti, primi fra tutti il diritto all’autodeterminazione. Restiamo ora in attesa della prossima eruzione vulcanica del prof-scrittore, altro talento di terra nostra.

Giovanna Anversa (dal blog Officina Coolturale)

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