"Testimoni nel tempo": cinque
film d'autore al Museo Diotti
“Cinque film e la necessità di tornare ad essere umani”: il sottotitolo della rassegna cinematografica Testimoni nel Tempo è, in parallelo, invito alla riflessione, auspicio e opportunità per provare a leggere il futuro partendo dal presente, da percorsi mai banali, sfruttando la leva del grande Cinema. Lunedì mattina, in sala consiliare, è stata presentata la rassegna, curata da Emanuele Piseri.
“Nella vita – spiega – siamo testimoni nel tempo. Del tempo che passa e nel tempo per agire. Bisogna essere presenti nel qui ed ora, non lasciare che tutto scorra e basta. Far tesoro di ciò che accade, è accaduto, e capire cosa potrebbe accadere come monito; agire per non dimenticare.” Un ciclo di proiezioni frutto di sintesi e confronto: “Sono cinque film tosti – osserva Piseri – selezionati grazie alla consueta, prolifica trattazione e discussione con il sindaco Filippo Bongiovanni“.
“Il ciclo di proiezioni – ricorda il primo cittadino – inizierà nel cortile del Museo Diotti alle 21.30 il prossimo 8 luglio e proseguirà per cinque martedì consecutivi, fino al 5 agosto. Si tratta – continua Bongiovanni – di una rassegna che parla di emozioni e testimoni nel tempo. Quelli selezionati sono film molto belli, interessanti ed emozionanti”.
“In caso di pioggia – continua Piseri – le proiezioni avverranno in uno spazio interno al museo. Abbiamo deciso di cambiare giorno, passando dal tradizionale mercoledì al martedì, per integrarci con la programmazione dell’International Festival, che quest’anno prevede numerosi appuntamenti proprio in quel giorno della settimana”. Il costo del biglietto è fissato a 3 euro per l’intero e 2,50 per il ridotto. C’è la possibilità di abbonarsi non solo alla rassegna, ma anche annualmente alle mostre organizzate dal museo e alla permanente, visitando il sito www.museodiotti.it oppure chiamando il numero 0375 200416 (il costo è di 12 e 10 euro).
Piseri prosegue soffermandosi sulle motivazioni dietro a ogni singola scelta: “Ho deciso, lottando, di aprire con Gli spiriti dell’isola (8 luglio) di McDonagh, perché è un film ironico, amaro, ma che rende conto di come le relazioni (e le nazioni) potrebbero incendiarsi da un momento all’altro. Proseguo con Walter Salles e il suo Io sono ancora qui (15 luglio), una storia di resilienza e trasformazione. Il film è tratto dalle memorie della famiglia Paiva, che il regista conosceva bene, scritte dall’unico figlio maschio, ora giornalista e scrittore. Un monito di come tutto può cambiare e di come, per sopravvivere, occorre esserci in prima persona.
Il terzo film, proposto in lingua originale con i sottotitoli perché appena uscito in Italia, è Shahed (22 luglio). Un film di denuncia, sceneggiato da Jafar Panahi, che col suo Taxi Teheran aveva scosso la nostra platea. Un film che parla di femminicidio in Iran. Che è femminicidio anche in Italia. Come in tutto il mondo. Ma l’importante è che Shahed vuol dire “testimone”. Shahed è il nome dei temuti droni iraniani. Altra fascinazione da cui prende spunto la rassegna. Il film vede la partecipazione e il patrocinio di MIA, Movimento Incontro Ascolto di Casalmaggiore, e vedrà l’intervento diretto da parte dell’associazione in serata.
Il quarto film è Nomadland (29 luglio) di Chloe Zhao, una regista che abbiamo già visto in rassegna in The Rider, visto in anteprima nazionale proprio nel cortile del Diotti qualche annetto fa. La regista cinese ci mostra di nuovo i grandi orizzonti e il panorama di un’America ai margini, ma senza confini, fatta di nomadismi e solidarietà. Tre premi Oscar per un film visto da pochi.
Ultimo, Il maestro che promise il mare (5 agosto) di Patricia Font, un film dallo straordinario successo in Spagna. Il film oscilla tra presente e passato, su un doppio piano narrativo. Nel presente, una nipote cerca l’uomo che aiutò suo nonno da bimbo, sperando di trovarlo nelle fosse comuni del periodo franchista. Nel passato, assistiamo alla vita di quell’uomo”.
Gli Spiriti dell’Isola – Regia di Martin McDonagh (In Bruges, Tre manifesti a Ebbing, Missouri)
Irlanda, 1923. I migliori amici Pádraic e Colm s’incontrano da una vita alle due del pomeriggio per qualche pinta al pub e le solite chiacchiere. Un giorno, però, Colm non apre la porta di casa all’amico, e in seguito, costretto a fornire una spiegazione, afferma di averne abbastanza di lui e di non voler spendere un minuto di più in sua compagnia. Devastato e incapace di accettare la cosa, Pa’draic cerca l’aiuto della sorella e poi del parrocco perché parlino con Colm, ma quest’ultimo non solo non ritratta, ma minaccia il peggio se Pa’draic non lo lascerà in pace. Mentre sul continente infuria la guerra civile, sull’immaginaria isola di Inisherin, che si è sempre considerata al riparo dal conflitto, l’allontanamento di due amici fraterni innesca ugualmente una serie di conseguenze e un’escalation di atrocità.
Io sono ancora qui – Regia di Walter Salles (I diari della motocicletta, Central do Brasil)
Brasile, 1971. Rubens Paiva, ex deputato laburista, vive con la moglie Eunice e i cinque figli a Rio de Janeiro. Il colpo di stato del 1964 lo ha espulso dalla scena politica e ha instaurato una dittatura militare che spaventa Eunice e le fa temere per l’incolumità della figlia maggiore Veronica, simpatizzante dei movimenti studenteschi antigovernativi. Ad essere portato via da casa, un giorno in fretta e furia, da un manipolo di sconosciuti armati, è invece Rubens. Non farà mai più ritorno.
La testimone – Shahed – Regia di Nader Saeivar; montaggio e co-sceneggiatura di Jafar Panahi.
Il film è patrocinato e supportato dalla presenza dell’Associazione MIA, Movimento Incontro Ascolto. Tarlan è un’anziana insegnante e sindacalista che ha adottato, quando era ancora una bambina, Zara. Ora costei è una donna che ha una scuola di danza, attività che il marito ritiene disonorevole. Un giorno Zara viene uccisa e Tarlan sa che l’assassino è il marito. Ha infatti visto ciò che non doveva vedere e questo la rende una testimone che va tacitata.
Nomadland – Regia di Chloé Zhao con Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Charlene Swankie, Derrick Janis.
Un cinema senza paura che racconta una nazione nel ritratto di un’anima in perpetuo movimento. Empire, stato del Nevada. Nel 1988 la fabbrica presso cui Fern e suo marito Bo hanno lavorato tutta la vita ha chiuso i battenti, lasciando i dipendenti letteralmente per strada. Anche Bo se ne è andato, dopo una lunga malattia, e ora il mondo di Fern si divide fra un garage in cui sono rinchiuse tutte le cose del marito e un van che la donna ha riempito di tutto ciò che ha ancora per lei un significato materico. Vive di lavoretti saltuari poiché non ha diritto ai sussidi statali e non ha l’età per riciclarsi in un Paese in crisi, e si sposta di posteggio in posteggio, cercando di tenere insieme il puzzle scomposto della propria vita.
Il maestro che promise il mare – Regia di Patricia Font
Antoni Benaiges è un maestro delle scuole elementari di origini catalane a cui viene assegnata una pluriclasse a Bañuelos de Bureba (Burgos). I suoi metodi di insegnamento innovativi e il fatto di non nascondere il proprio ateismo gli alienano le simpatie del parroco e del sindaco ma non quelle degli alunni che lo sentono vicino alle loro speranze e ai loro sogni. Uno dei quali è quello di poter vedere il mare.
L.C.