Cooperazione internazionale: Viadana
e Congo, così lontane, così vicine

Quello di Christian Manfredi in Congo, nel Nord Kivu, è un ritorno. Un nuovo viaggio che vede l’esponente dell’organizzazione viadanese New Tabor, dopo 12 anni, tornare per una nuova missione, coinvolto nelle progettualità dell’associazione guidata da don Paolo Tonghini.
Da allora il fil rouge con il Congo non si è mai interrotto, forte di progetti presentati in vari contesti. Negli ultimi mesi, ad esempio, Manfredi e Tonghini hanno illustrato, all’evento Vicenzaoro, l’iniziativa finalizzata a realizzare una scuola e laboratorio orafo in Congo. Un’applicazione del concetto di business etico per dare lavoro, occupazione e dignità ai locali. Quello in essere tra la cittadina mantovana e il Congo è un ponte di solidarietà e collaborazione che vede, appunto, l’associazione viadanese protagonista.
Un viaggio che serve per intessere ulteriori legami con la popolazione e le autorità civili e religiose locali, rafforzando una rete di relazioni e controllare l’andamento delle missioni nel cuore pulsante e tormentato da conflitti della nazione. Una nazione che vive una dicotomia molto forte: “Da una parte la speranza di crescita, dall’altra – osserva Manfredi – l’instabilità e la paura.
I movimenti di gruppi armati nelle zone periferiche di Butembo e Beni creano insicurezza, costringendo la popolazione a vivere tra allarmi, sfollamenti e perdita di certezze. Nonostante ciò, la forza della comunità rimane intatta”. Una comunità in cui parrocchie e scuole sono presidi di crescita e stabilità, pur nei limiti del contesto: “Sono luoghi di accoglienza, di istruzione e di cura che sostituiscono, spesso, lo Stato. La popolazione esprime con forza il desiderio di sviluppo, dignità e collaborazione con le altre comunità cristiane del mondo. Qui si sente forte il grido di un popolo che, pur segnato dalla sofferenza, continua a credere nella speranza di un futuro diverso”.
L’abbondanza di minerali nel sottosuolo è al centro di “un grande gioco” internazionale di interessi, alla base di conflitti sempre più aspri. L’area del Nord Kivu, in particolare, è ricca di oro, coltan, cassiterite e wolframite: minerali preziosi per l’economia globale, indispensabili per la realizzazione di device elettronici. Un’abbondanza di risorse inversamente proporzionale alle condizioni di povertà e sofferenza di una popolazione sfruttata: “Il tutto – continua – a causa di interessi generali per il controllo delle miniere, mentre le comunità locali sono schiacciate tra violenze e povertà”.
Ad opporsi strenuamente alla situazione generale vi sono le comunità cristiane, promotrici di pace e coesione: “La popolazione chiede solidarietà internazionale, non solo sotto forma di aiuti materiali, ma soprattutto attraverso progetti di lungo termine: scuole, centri di formazione professionale, cooperative agricole e percorsi di microcredito”. Aspetti nevralgici già affrontati (anche) da New Tabor.
In chiusura, l’esponente dell’associazione lancia un appello alle istituzioni italiane ed europee: “Il Nord Kivu – termina Manfredi – non può restare nell’ombra. È tempo che le istituzioni, la società civile e le comunità religiose europee e italiane rispondano con azioni concrete: collaborazioni educative, programmi di sviluppo sostenibile e reti di cooperazione”.
Lorenzo Costa