Canneto, nuovo affondo di Minoglia: "Se il Consiglio non conta più, che venga sciolto"
"Che il Sindaco vada avanti ad amministrare senza intralci, pavoneggiandosi della propria maestria". Paragone poi con Napoleone: "Martedì sera per il primo cittadino sarà stata Austerlitz o Waterloo? Ai posteri l'ardua sentenza.."

CANNETO SULL’OGLIO – Acque agitate in paese dopo il Consiglio Comunale di martedì sera in cui si è registrato, in modo vittorioso per l’Amministrazione di Raffaella Zecchina, anche il dietrofront sull’uscita dalla convenzione di polizia locale, che il Consiglio di gennaio aveva invece votato approvando la mozione dei consiglieri di minoranza Nicolò Ficicchia e Massimo Arienti. In quella sede il testo era passato con l’appoggio dei consiglieri di maggioranza di Vivi Canneto Giuseppe Minoglia, Tiziano Fasciglione e Pierino Cervi. Martedì sera invece il ribaltone, con assenti Ficicchia e Arienti (“è una presa in giro, non verremo” avevano annunciato) e l’ex sindaco Cervi. Il consigliere Minoglia, che martedì sera aveva “arringato” pesantemente l’Amministrazione su molti punti, tra cui proprio quello del recesso della convenzione, alla cui votazione, aveva spiegato, “non partecipava proprio per non avere responsabilità nella decisione finale che andava contro il Consiglio”, in un comunicato oggi ha rincarato la dose.
“Nell’ultimo Consiglio – scrive Giuseppe Minoglia – abbiamo assistito all’ennesimo sfregio del buon senso e del galateo istituzionale da parte della maggioranza di Vivi Canneto e del suo Sindaco che hanno ignorato la volontà già espressa dai consiglieri in quanto non gradita. Ora, qualcuno mi dovrebbe spiegare perché mai si dovrebbe partecipare ad un’assemblea in cui nemmeno le decisioni assunte in forza dei numeri vengono rispettate.
L’ennesima inutile prova di forza di un Sindaco cieco e sordo a qualsiasi confronto ha dato corpo ad una umiliazione dell’istituzione consiliare. Nel corso della seduta abbiamo provato a far comprendere il senso della votazione ma nulla è servito. Nascondendosi dietro un tecnicismo prêt-à-porter, si è imposta una seconda votazione in merito al recesso dalla convenzione dei vigili, ben sapendo che la mancata esecuzione di quanto già deliberato avrebbe indotto all’Aventino tutte, o parte, le forze di minoranza. Quindi, in spregio della propria stessa delibera in cui si riconosceva il valore politico della precedente votazione, invece che ratificare la decisione già assunta a maggioranza del Consiglio, ci si è arrogati il diritto di cambiare l’esito del voto in assenza dei promotori della mozione (giustamente indignati per la presa in giro).
Comprendiamo che i membri della Giunta si compiacciano delle proprie sterili prove di forza. Ci stupiamo piuttosto di fantomatiche analisi politiche incentrate su una visione distorta della realtà. Canneto non è Roma, quindi la parola data la si rispetta e nessuno prima di questo Consiglio ha mai detto di ambire alla sfiducia del Sindaco.
In politica le analisi variano a seconda del tempo che si prende in considerazione, e quello breve solitamente è fuorviante per i molti elementi perturbativi. Alla definizione del teatro di guerra, ed al compimento dei primi scontri, agli occhi di Napoleone, Waterloo potrebbe non essere apparsa molto dissimile da Austerlitz, poi si sa che una qualche differenza tra le due vicende la storia l’ha narrata”
*(la disfatta di Waterloo, segnò il 18 giugno 1815 la definitiva sconfitta di Napoleone, quella di Austerlitz combattuta dieci anni prima, il 2 dicembre 1805, può invece considerarsi il più grande successo raggiunto da Bonaparte nella sua carriera militare – ndr)
“Ad oggi quindi – prosegue Minoglia – l’unico giudizio fondato può essere espresso sull’arroganza di una Giunta che si bea della propria forza in ragione dell’assenza di qualcuno. Se il Consiglio non conta più niente, se le decisioni assunte a maggioranza non contano più niente, allora è bene che il Consiglio venga sciolto e che il Sindaco vada avanti ad amministrare senza inutili intoppi od intralci, beandosi della propria forza e pavoneggiandosi della propria maestria”.
Per finire, il consigliere pone il quesito che Alessandro Manzoni nel 1821, inserì ne “Il 5 maggio”, ode scritta proprio dopo aver saputo della morte di Napoleone in esilio a Sant’Elena:
“Infine – conclude infatti Minoglia – a proposito di forzature e di uomini forti – a noi non resta che ricordare i famosi versi «…Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza…».
MLR