Cultura

Garibaldi scolpito sul chiodo, l'opera più piccola al mondo

La vicenda del Garibaldi scolpito nel chiodo restò, quando era in vita, poco meno di una leggenda. Di quelle di cui non parlava spesso, mentre lo facevano i suoi amici. Non celebrava quel che aveva già fatto, se non l'ultima opera che portava con se sottobraccio.

CASALMAGGIORE – Nessuno avrebbe potuto prevedere che da quelle mani dalle grandi dita avrebbe potuto nascere un’opera talmente piccola da poter essere vista solo con le lenti d’ingrandimento. Era già un valido artigiano, con una vocazione all’arte spiccata, Giuseppe Raineri a 35 anni di età, nell’ormai lontano 1967. Disegnava, dipingeva, lavorava il legno, operava con il bronzo e il ferro.

Ogni materia gli era cara ed in ogni materia aveva un qualcosa da liberare. Era in quello il suo essere profondamente artista. Lui vedeva nella materia informe quel che il violinista Jones di Lee Masters vedeva nei campi e nei vortici di vento: “La terra emana una vibrazione là nel tuo cuore, e quello sei tu. E se la gente scopre che sai suonare, ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita. Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio? O un prato da attraversare per arrivare al fiume? Il vento è nel granturco; tu ti freghi le mani per i buoi ora pronti per il mercato; oppure senti il fruscio delle gonne. Come le ragazze quando ballano nel Boschetto. Per Cooney Potter una colonna di polvere o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità; Per me somigliavano a Sammy Testarossa che danzava al motivo di Toor-a-Loor…”.

Era l’uomo comune a essere Coney Potter, lui no, era un uomo che sapeva guardare oltre con semplicità e genialità non comuni. Non avrebbe potuto essere altro, non avrebbe potuto vivere in nessun’altra maniera che non gli consentisse di esprimere il profondo, agitato, semplice e al tempo stesso così genialmente complesso mondo interiore. La vicenda del Garibaldi scolpito nel chiodo restò, quando era in vita, poco meno di una leggenda. Di quelle di cui non parlava spesso, mentre lo facevano i suoi amici. Non celebrava quel che aveva già fatto, se non l’ultima opera che portava con se sottobraccio.

Tra i pochi amici con cui camminava per strada, due diverse follie (di quelle che fanno vario e più interessante il mondo), Arturo Seidenari. Una ventina di anni fa Arturo raccontava di quel prodigioso chiodo con l’immagine scolpita più piccola al mondo, riempiendolo di lodi. Giuseppe si limitava a scuotere la testa, accennando un sorriso seppure dalla sua espressione trapelava una certa contentezza. La voce era che quel Garibaldi fosse stato scolpito sulla capocchia di un vecchio chiodo recuperato da un asse. In pochi avevano potuto constatare che quell’opera non era stata scolpita sulla capocchia, ma lavorandone la punta. Sul dorso poi, incisa, la firma di Giuseppone.

Si narra – altra voce non confermata – che a quel lavoro da finissimo cesellatore assistettero due persone che di quegli istanti conservano alcune foto in bianco e nero. Era il 1967, non esisteva la strumentazione di adesso e neppure gli arnesi per lavorare di fino. Esisteva solo l’abilità dell’artigiano e quella Giuseppe l’aveva tutta. L’opera è ora esposta nello spazio dell’Ufficio Anagrafe, nella contemporanea a lui dedicata. Si è riusciti a ricostruire veramente poco sul come nacque e sul perché, si sa la data del quando e soprattutto la si può ammirare per la maestria realizzativa.

“Straordinario – racconta uno dei curatori – come quel chiodo possa essere stato lavorato. Sappiamo che qualcuno assistette, e fotografò quei momenti. Ci piacerebbe rintracciarli”. Raccogliamo anche noi l’appello.

Anche Giuseppone, parafrasando il violinista Jones, fini con una viola rotta e una risata spezzata, e mille ricordi. Non sappiamo, come nel verso conclusivo dello stesso epitaffio se senza nemmeno un rimpianto. Ma possiamo crederlo. Perché non ci fu materia dalla quale non seppe trarre forma. Non ci fu elemento sul quale non padroneggiò. Dai ceppi di legno sul fiume alle tele e ai fogli di disegno, sino a un piccolo chiodo piantato nel legno che ora è parte di quella meritata celebrazione e quell’onore che la città gli sta rendendo.

Nazzareno Condina

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