Cronaca

I nonni de 'La Corte' al River Stable. Strutture leggere per sentirsi meno soli

12 anziani, 2 infermiere professionali, 2 OSS, 4 generiche, 2 animatrici, tre cuochi. A pranzo e cena si mangia tutti insieme nel refettorio della struttura, una sala grande in cui entrano i raggi del sole e si respirano le nebbie d'autunno

VICOMOSCANO – Dodici ospiti, dodici nonni che provano a vivere, assistiti 24 ore su 24, una vita normale. Per quanto possa essere normale poi una vita in una struttura. Certo, gli anziani de ‘La Corte’, struttura assistenziale per parzialmente autosufficenti sita in strada Salde (a fianco della Casa gestita da suor Maria Buongiorno per assistenza dei portatori d’handicap con disabilità medio/gravi) stanno meglio di altri. Non fosse altro per come vivono, e per cosa vivono.

12 ospiti, 12 nonni seguiti istante per istante. Ognuno con la sua storia, i suoi ricordi, i suoi sorrisi e quegli sguardi, sovente attraversati da qualche silenzio, da qualche malinconia. E’ nella natura delle cose, la terza età è anche questa. C’è chi cammina un poco e poi, colto dall’affanno si ferma. Una sedia all’ombra, quel respiro che fa le bizze che a poco a poco rallenta per tornare il più possibile normale. Ti guardano trafelati, quasi a chiederti scusa di quel loro incedere incerto, di quelle loro difficoltà. E fanno tenerezza, un’immensa tenerezza. Perché poi, più spesso di quanto noi non si sia in grado di accorgersene, a chiedere scusa dovremmo essere noi stessi. Perché chi corre poi può rallentare. Non sempre – e sempre per ragioni fisiche – è possibile il contrario.

‘La Corte’ ne ospita 12. E’ tutta gente di questa terra, la più lontana è una simpatica nonnina che viene da Colorno. Corpo esile e sorriso lieve. “Siamo al completo – ci racconta una delle infermiere della struttura – e c’è una lista d’attesa lunga. Ma i posti sono questi. Sono anziani autosufficenti o parzialmente autosufficenti”. La C.A.S.A. è una struttura intermedia, tra il luogo dove si è passata una vita e l’ospizio. Ognuno ha il proprio miniappartamento, ognuno si gestisce il più possibile in proprio una vita il più possibile normale. Per quanto poi possa essere normale l’ultima parte di un viaggio. Gli appartamenti de ‘La Corte’ sono immersi nel verde della campagna, merenda e colazione ogni anziano la fa – se vuole – da solo. E’ un po’ come essere ancora a casa propria, tra le proprie cose.

12 anziani, 2 infermiere professionali, 2 OSS, 4 generiche, 2 animatrici, tre cuochi. A pranzo e cena si mangia tutti insieme nel refettorio della struttura, una sala grande in cui entrano i raggi del sole e si respirano le nebbie d’autunno. Inizialmente quella di strada Salde doveva essere una struttura residenziale leggera, e per un po’ di tempo lo è stata. Ha ospitato persone, giovani e meno giovani, in difficoltà, persone ancora in grado di non aver bisogno di nessuno ma pure con la necessità di essere seguite. Papà già un po’ avanti con gli anni con figli disabili, anziani rimasti improvvisamente soli. “Persone che hanno ritrovato il gusto del vivere” ci raccontava qualche tempo fa suor Maria. Da maggio di quest’anno la situazione è un po’ cambiata: ‘La Corte’ si è trasformata in una vera e propria struttura per anziani.

Anziani più fortunati di altri. A giugno nell’immenso spazio verde di Casa Giardino hanno organizzato un momento di convivialità per raccogliere fondi. Lì hanno messo insieme un gruzzoletto che poi, in maniera assolutamente autonoma, hanno deciso come spendere. “Gli abbiamo messo davanti varie opzioni, e poi sono stati loro stessi a decidere che farne di quei soldi”. Il primo pensiero è stato al buon Dio: un passaggio alla Fontana, una visita ai frati ed una piccola offerta alla Madonna. Poi la giornata di ieri al River Stable (giornata che vi racconteremo poi), e ancora una pizza da asporto da farsi portare direttamente ‘a casa’ e il residuo per una grigliata, il prossimo 15 agosto.

Ieri – dicevamo – la giornata al River Stable. Una splendida struttura sita nella campagna tra Vicomoscano e l’argine maestro. Campi di granturco a farvi da cornice, le quaglie che si nascondono tra gli steli delle pannocchie, e poi oche, galline, cani e gatti e splendidi cavalli. E’ stata Fanny Ubaldi, che il centro lo gestisce, ad accompagnarli, a spiegare loro i cavalli, a farli vedere. Una mattina nella natura, risapettando i tempi e le necessità di ognuno. “Siamo abituati – ci racconta poi la mamma di Fanny – ad ospitare persone con difficoltà. Tra qualche giorno ospiteremo un gruppo di malati psichici, faremo fare loro attività”. E che siano abituati al contatto umano lo si vede subito: ogni gesto, ogni parola, è improntata alla tenerezza, gli anziani sorridono, si guardano intorno, chiedono. C’è chi i cavalli li ha avuti davvero, c’è chi ha dimestichezza con oche e galline e c’è ancora chi guarda non nascondendo un poco di malinconia. La vita affiora sempre, quella legata ai ricordi ancor di più e qualche volta diventa ‘coccio aguzzo di vetro di bottiglia’ a rigare l’anima.

Sono attimi. Un’infermiera ci porta da un uomo che guarda un cavallo “Lui ha avuto i cavalli” ci dice. L’anziano ci guarda e poi sorride più forte. “Io? Non ho mai avuto cavalli, ai cavalli ci giocavo!” ci dice, accendendo il sorriso di tutti. “I cavalli li conoscevo bene – prosegue – ci giocavo ogni settimana una piccola cifra. Ho indovinato tante combinazioni, anche 13 accoppiate in contemporanea. Non sono mai diventato ricco. Giocavo piccolissime cifre, il minimo, per la soddisfazione di farlo”. Piccoli pezzi di vita che riemergono. Provi a chiedere ad un altro anziano se si sta bene lì, se alla corte si vive bene. La risposta non è propriamente quella che ti aspetteresti. E’ quella di un anziano che ti ricorda che anche la migliore delle strutture rimane una struttura, che anche la struttura più simile ad una casa non è una casa, non è la propria casa. Che sì, quella è proprio una bella giornata ma gli anni avanzano, le forze si perdono un poco per volta, che dopo pochi passi ci si può sentire stanchi ed aver bisogno di allungare il respiro. Un altro attimo che porto via.

Alle 11.30 il pasto nella bella club house del River. Una struttura che sà di vecchia trattoria di paese, che conserva – intensissimo tra quella quattro mura – il calore umano. Una fetta di salame, un bicchier di vino, una cantata galante, e qualcuno che guarda nel vuoto. Si mischiano gioia e malinconia, felicità e silenzio, voglia di vivere ed attesa. Va così. C’è comunque leggerezza, la si percepisce. E c’è passione in chi lavora al River Stable e in chi lavora 24 ore su 24 a contatto con quegli anziani. Nessuno viene lasciato solo, nessuno viene lasciato indietro. Tutti hanno ancora qualcosa da dire e da dare.

‘La Corte’ è davvero una struttura speciale. Qualcuno degli anziani ospiti ha spiegato alle animatrici che, quando stava a casa, amava giocare a carte. Nel calendario delle iniziative (sì, La Corte ha pure un calendario di iniziative) verrà inserita una gara di briscola. “Ma faremo anche dell’altro” aggiunge una delle animatrici.

12 ospiti, 12 storie di vita, 1000 ricordi per ognuno. E un’ultima parte di un viaggio da intraprendere, e già intrapreso, nella maniera più serena possibile. Che non è casa, ma è sicuramente la cosa più vicina a casa che esista, in questo momento. Una struttura speciale in cui c’è spazio anche per una mangiata e qualche ora nella natura tra i cavalli e le galline. In cui c’è spazio per l’ascolto, in cui c’è spazio in cui si conserva l’umanità e la tenerezza. Sembra poco, e non lo è. Non lo è davvero.

Nazzareno Condina

 

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