Salute

ANAAO la fuga del personale
sanitario: i motivi dell'abbandono

ANAAO ASSOMED LOMBARDIA E LA “GRANDE FUGA” DEL PERSONALE SANITARIO: I MOTIVI DELL’ABBANDONO

Uno studio di ANAAO-ASSOMED Lombardia ha monitorato i numeri riguardanti l’abbandono del Servizio Sanitario Regionale lombardo da parte dei medici pubblici. I dati di partenza dello studio si basano sul Conto Annuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e sono aggiornati al 2020 e non prendono in considerazione i professionisti in pensionamento – non è quindi contemplato l’effetto della pandemia su questo tema anche se, le previsioni del Sindacato, optano per uno spiacevole incremento di questo fenomeno.

Lo scopo dello studio è di approfondire la situazione complessiva a livello regionale, così come quella delle singole ASST e IRCCS pubbliche. L’analisi è iniziata nel 2016, partendo dalla riforma Maroni che ha ridisegnato i perimetri delle aziende, rendendo quindi differenti anche le dotazioni organiche.

I dati riguardano la sola causale relativa al licenziamento su base volontaria, escludendo tutte le altre causali relative ai vari tipi di pensionamento o di mobilità verso altre strutture pubbliche. In questo modo si rendono evidenti solo i medici che scelgono di cambiare lavoro e non di interromperlo o smettere del tutto. La mobilità non viene considerata perché ormai le aziende non concedono più il nulla osta, motivo per cui i medici scelgono solitamente di dimettersi. Le scelte più note sono quelle verso la medicina generale, il privato oppure la libera professione. In ogni caso sono scelte dettate secondo quanto emerso dal malessere nel proseguire il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione.

Le cause principali sono identificabili nei tagli al personale e alla carenza di specialisti che rendono organici sempre più sofferenti per via del carico di lavoro; nell’aumento della presenza femminile tra il personale, la quale si trova a dover affrontare un sistema a turni e orari disagevole soprattutto per coloro che hanno una famiglia a carico; una burocrazia sempre più pesante; un’assente autonomia decisionale e una soffocata premiazione della professionalità – totalmente disincentivata; un pericoloso incremento del rischio di denunce legali e aggressioni verbali e fisiche oltre che uno spegnimento progressivo delle ambizioni di carriera: in Lombardia, nel 2009, i direttori di Struttura Complessa erano 1234 mentre nel 2019 solo 967 (il 21% in meno). Calo drastico anche per i Responsabili di Struttura Semplice, nel 2009 erano 2280, nel 2019 il 23,3% in meno, ovvero 1751.

“Ci sono aziende in cui le uscite possono essere giustificate a causa della loro natura di aziende periferiche, per cui la loro attrattività è minore, in un momento come questo dove la carenza di medici specialisti apre il mercato del lavoro, spingendo i medici a scegliere posti più graditi o prestigiosi. – puntualizza Stefano Magnone, Segretario di ANAAO-ASSOMED Lombardia – Alcune ASST, come Valle

Olona e Valtellina, hanno visto cessioni di ospedali (rispettivamente Gallarate e Menaggio) che hanno provocato picchi di uscite nel 2018. Vi sono invece grandi strutture ASST in aree urbane, come per esempio Ovest Milanese e Papa Giovanni XXIII, che probabilmente hanno uscite importanti per vicende interne. In conclusione, la situazione è critica: i medici lasciano gli ospedali pubblici verso altre soluzioni, che meglio soddisfino le loro aspettative professionali e umane. Alla politica le soluzioni: valorizzazione delle carriere, benessere organizzativo, leadership e management attenti al capitale umano, che è la risorsa più preziosa del Servizio Sanitario Regionale. Per il momento la risposta è sostanzialmente il silenzio”.

Nella Fig. 1 sono evidenziati i cessati non per pensionamento negli ultimi 10 anni. Si nota bene come la situazione sia peggiorata negli ultimi anni, senza che il COVID abbia inciso, almeno fino al 2020.

Nella Fig.2 sono presentati i cessati in numero assoluto ordinati per azienda o ente, in ordine crescente rispetto al 2019. Il primo dato che risalta è l’aumento del numero dei cessati non per pensionamento nel 2018 e 2019.

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